Roma Quattro, più sei di recupero, fanno dieci minuti: quelli che Spalletti ha concesso a Totti, buttato dentro all'ultimo pezzetto di un derby già perso per cercare il gol che avrebbe reso meno complicato un ribaltone nella partita di ritorno. «L'ho messo per dare una bastonata da fuori o mettere una palla di qualità dal limite dell'area», ha poi spiegato il tecnico giallorosso. Come a dire: ho provato ad arrivare con una giocata là dove la squadra non era riuscita col gioco. Una vera e propria mossa della disperazione.
Ma a parte l'interrogativo - non nuovo, in questo lungo addio del capitano - su quanto sia giusto o non giusto che a una leggenda come lui vengano ormai riservate le briciole (col Torino di minuti ne aveva giocati otto più tre, e le rarissime volte in cui è partito titolare è stato in partite insignificanti come quelle con l'Astra Giurgiu, il Cesena e il ritorno col Villarreal) c'è una questione molto romana su cui vale la pena spendere qualche parola in più.
Totti, ossia uno che ha vinto un mondiale e attualmente vanta 612 presenze e 250 gol in serie A, quando segnò il suo nono gol in un derby agganciando Delvecchio (poi superato con la doppietta di gennaio 2015) spiegò che per lui quello era «il record più bello», perché per un calciatore-tifoso come lui la partita con la Lazio non sarà mai come le altre. E nella storia del derby Totti ci è entrato in ogni modo, grazie alla sua lunghissima carriera: oltre a essere il miglior marcatore è quello che ne ha giocati di più (42) e quindi, fisiologicamente, anche quello che più ne ha vinti e più ne ha perduti.
Fino all'altroieri il suo bilancio era appena negativo (14 vittorie e 15 sconfitte), ma con una Roma che da quattro anni è molto più forte dei cugini biancocelesti Totti stava certamente covando la speranza di rimettere a posto le cose prima di appendere gli scarpini al chiodo. E però non aveva fatto i conti con Spalletti. Che nelle comode vittorie di aprile e dicembre 2016 non gli ha fatto giocare neanche un minuto, mentre mercoledì - sul 2-0 per la Lazio - lo ha mandato in campo facendolo partecipare a una sconfitta già consumata.
Ovviamente un allenatore deve pensare agli interessi della sua squadra e non alle statistiche di un singolo, ma alla luce del loro tormentato rapporto nella decisione di Spalletti si potrebbe vedere anche l'ombra di una piccola vendetta. Giusto un anno fa, dopo un solo mese della nuova convivenza, Totti si sfogò al Tg1 chiedendo «rispetto e correttezza»; poi a settembre fu la moglie, Ilary Blasi, a scagliarsi contro il tecnico definendolo «un piccolo uomo».
Il mese scorso lady Totti è stata molto più tenera e ha assicurato che Spalletti l'ha perdonata per quelle parole, tuttavia per sapere se è vero bisognerebbe essere nella testa dell'allenatore. Che dopo Roma-Torino, rispondendo a una domanda sul suo futuro, ha minacciato di andarsene se non verrà rinnovato il contratto del quarantenne Totti.
Una provocazione, che probabilmente sottintende un pensiero opposto sull'argomento. Così come una provocazione, e un dispetto, sono sembrati quei quattro più sei minuti di recupero riservati al capitano contro la Lazio.
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