Alla porta di Brandeburgo il pastore keniano della stirpe Nandi si è tolto la corona di spine e ha messo l'aureola dei grandissimi: Eliud Kipchog ha scavalcato la montagna dei grandi primati che fanno storia correndo la maratona di Berlino in 2 ore 1'39. Porte spalancate nel regno delle grandi imprese sportive. Quelle che sembravano impossibili perché Eliud ha saputo correre i 42 chilometri e 195 metri con una media vicina ai 21 km orari, 2'53 al chilometro, 4 volte i 10000 in 28'50, 61'06 nella prima metà, già un prodigio, 60'03 nella seconda parte quando le lepri benedette sono andate a dissetarsi.
Leggero, meraviglioso con la sua livrea cardinalizia tutta bianca. Ci ha entusiasmato, ma non sorpreso, vederlo battere sulla strada dei record della capitale tedesca il primato del connazionale Kimeto del 2014 (2h2'57). Mezzofondista prodigio a 18 anni questo campione, nato nella Rift Valley il 5 novembre del 1981, perché nel 2003 a Parigi Saint Denis vinceva il mondiale dei 5000.
Campione olimpico di maratona a Rio, re della corsa perché nelle 11 gare sui 42 chilometri ne ha vinte 10, arrivando secondo nell'undicesima.
Per far tremare le colonne alla porta sacra dei berlinesi ha preparato la fatica senza recriminare sulla prova non omologata a Monza quando fece la maratona in 2 ore 0'25, ricordando invece le cadenze nel lavoro di preparazione con il suo mentore Patrick Sang, che a 6 anni lo vide correre per 65 chilometri, che in questa vigilia gli aveva preparato una serie di 1000 metri da fare in 2'50 per 15 volte, con recuperi brevissimi. Capolavoro.
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