E pensare che la rivoluzione era partita proprio dall'Italia. Primo settembre di due anni fa: amichevole Italia-Francia con la sperimentazione del Var. Il presidente della Fifa Gianni Infantino disse: «Qui si è fatta la storia, grazie alla Federcalcio italiana». Non solo. Due mesi dopo a San Siro, ecco il bis contro la Germania. Carlo Tavecchio è stato tra i primi, se non il primo, a credere fortemente nell'utilizzo della tecnologia. L'ha portata in serie A, di fatto l'ha esportata anche alla Fifa fino ad arrivare al Mondiale. Peccato che l'ex presidente della Figc la storia l'abbia fatta nel bene e nel male. Perché al primo Mondiale con il Var fa da contraltare la mancata qualificazione a Russia 2018 dell'Italia, sessanta anni dopo l'ultima grande esclusione. L'apocalisse come definì Tavecchio l'esclusione dalla coppa del mondo alla vigilia dei playoff con la Svezia. Il fallimento azzurro è diventato realtà così come la moviola in campo al mondiale. Tavecchio lo vivrà da spettatore, un convitato di pietra in Russia a cui va riconosciuto di aver messo l'Italia in prima fila nel processo di modernizzazione del calcio: non è un caso che gli arbitri italiani forniscano il maggior numero di addetti al Var, tre. A Cesare va dato quel che è di Cesare, e all'ex presidente federale bisogna riconoscere anche la conquista del quarto posto in Champions League per una squadra italiana. Con un solo grande rammarico e anche rimprovero: non avere avuto la forza, il coraggio di capire che dopo il crollo in Spagna, Ventura non era più in pieno controllo della sua Nazionale.
E così la Fifa brucia l'Uefa, ancora restia ad adottare la tecnologia, nonostante nell'ultima stagione europea ne siano successe di tutti i colori: da Real Madrid-Juventus a Roma-Liverpool in Champions, fino ad Arsenal-Milan in Europa. La prima grande manifestazione internazionale con il Var segna un punto di non ritorno nel mondo del pallone. Ci si aspetta una competizione che azzeri dubbi e polemiche. Quattro casi per il Var: gol non gol, rigore o no, rosso diretto e scambio di persona. Per capirci. Con ogni probabilità ci sarebbe un altro albo d'oro della coppa del mondo. Basta pensare al gol fantasma di Geoff Hurst che regalò il primo e finora unico mondiale all'Inghilterra; o quello di mano di Diego Armando Maradona che beffò Peter Shilton e fece volare l'Argentina; oppure le topiche di Byron Moreno che ne combinò di tutti i colori all'Italia del Trap.
La storia dei mondiali rifatta dalla tecnologia è un giochino rischioso da maneggiare con cura alla vigilia del primo Mondiale con il Var. Lo insegna il campionato italiano appena concluso, perché gli episodi controversi non sono mancati, così come le discussioni. Con buona pace di chi sogna o scommette sulla vittoria di un outsider. Anche con la tecnologia chi è più forte, chi è favorito, ha più possibilità di vincere.
Lo dicono Juventus e Bayern, padrone anche col Var, di Serie A e Bundesliga. Quindi dalla Spagna al Brasile, dalla Germania all'Argentina fino alla Francia, anche con la tecnologia si pesca sempre dallo stesso lotto la vincente. Non c'è l'Italia, c'è il Var.
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