Storia di un antisemita che scoprì di essere ebreo

Anni di campagne contro "zingari e giudei", poi la scioccante verità: la famiglia del numero due di Jobbik era stata deportata ad Auschwitz. E lui decide di convertirsi

Storia di un antisemita che scoprì di essere ebreo

Nella sua prima vita Csanad Szegedi aveva le idee chiare. E gli piaceva dimostrarlo con i fatti. Quando è stato eletto al Parlamento europeo si è presentato a Bruxelles indossando l'uniforme di una milizia paramilitare, la Magyar Garda, la Guardia ungherese: pantaloni e giacca neri, camicia bianca, lo stemma araldico della dinastia degli Arpad, quattro strisce rosse alternate ad altrettante fasce argento simbolo dei fiumi della Grande Ungheria, Danubio, Tisza, Sava e Drava. Una provocazione: le Croci frecciate ungheresi, che tra il 1944 e il 1945 hanno aiutato le SS a deportare gli ebrei di Budapest, indossavano una tenuta simile. Ma a Szegedi provocazioni e polemiche, anche estreme, non hanno mai fatto paura.

All'inizio degli anni 2000, poco più che ventenne (è nato nel 1982) è stato tra i fondatori di Jobbik, o, come si chiama per esteso, Jobbik Magyarországért Mozgalom, Movimento per un'Ungheria migliore, il partito di destra che rivendica la purezza della tradizione magiara. Ne è diventato vice-presidente e nel 2009 è stato tra i tre eletti al Parlamento di Bruxelles. I suoi nemici erano gli zingari, «la piaga del Paese», e gli speculatori ebrei, «si stanno comprando passo dopo passo l'Ungheria intera». Sul giornale che ha contributo a fondare, Barrikad , Barricata, i «giudei» sono rappresentati col naso adunco, sempre impegnati a tessere trame ai danni del popolo ungherese.

Ma questa era solo la sua prima vita. Perché nella seconda, Csanad Szegedi è diventato un altro: si è convertito all'ebraismo, anziché l'uniforme indossa la kippah, il copricapo degli ebrei osservanti, e per santificare lo shabbat si presenta coscienziosamente tutte le settimane in sinagoga. Tra i due segmenti di esistenza una rivelazione: proprio lui, antisemita convinto, è di sangue ebreo, come i vituperati nemici di un tempo.

Per Csanad la svolta inizia in un pomeriggio dell'autunno 2011. Un rivale di partito, in competizione con lui nella scalata ai vertici, gli chiede un appuntamento. L'incontro non è amichevole, tutt'altro. Sappiamo il tuo segreto, gli dice il collega, e possiamo dimostrarlo: tua nonna materna è ebrea e tu l'hai tenuto nascosto, devi farti da parte. Per Csanad è come se gli dicessero che la sua famiglia arriva da Marte, un'assurdità. Pensa a un complotto, a una macchinazione per stroncare la sua carriera, respinge la minaccia e continua la sua attività politica. Ma il dubbio gli ronza in testa. Qualche tempo dopo inizia a fare domande a sua nonna. Lei nega, lui per mesi torna alla carica. Secondo il suo racconto ci vorrà un anno perché la donna si decida a dirgli la verità: è vero, è ebrea, è scampata ai campi di Dachau e Auschwitz, dove è morto tutto il resto della sua famiglia. Nel 1945, alla liberazione, insieme al marito, anche lui sopravvissuto a un campo di lavoro nazista, decide di tenere nascosto per sempre il suo passato. «Era l'unica maniera di dare un futuro sereno ai miei figli, di tenerli al riparo da nuove persecuzioni», spiega al nipote. Per questo in tutta la sua vita non ha mai indossato una camicia a maniche corte, qualcuno avrebbe notato il tatuaggio con il numero di matricola del campo di concentramento.

Per Csanad è uno choc, attraversa mesi di confusione e disorientamento, si sente «spezzato», come racconterà più tardi. Poi decide di prendere il toro per le corna e di parlarne ai vertici del partito. «Sono al 100% ungherese, ma sono anche di origine ebraica», spiega. La rivelazione ha l'effetto di una bomba. Certo, Jobbik rifiuta ogni etichetta di antisemitismo e il numero uno Gabor Vona gli dice che proprio lui, Csanad, diventerà la migliore dimostrazione che Jobbik non ce l'ha con gli ebrei. Certo, tutto vero. Ma niente è più come prima. Alla fine spunta una registrazione, «falsificata», dice Csanad, in cui si sente la sua voce che offre soldi al rivale di partito in cambio del silenzio. A quel punto il problema non è più che è ebreo, ma che ha mentito ai camerati. Viene buttato fuori; gli chiedono di rinunciare al seggio europeo, lui rifiuta.

La storia prende un ritmo sempre più veloce: incontra il capo di una comunità ortodossa di Budapest, inizia a studiare la storia del popolo ebraico, adotta la nuova fede, si fa circoncidere. Oggi gira le scuole del Paese per mettere in guardia i ragazzi dai pericoli dell'antisemitismo. Dice: «Se non fossi stato quello che ero, oggi non sarei quello che sono».

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