Svelati i piani nucleari sovietici per radere al suolo l’Europa

Aperti gli archivi militari: la Polonia era sacrificabile. Varsavia indignata, rapporti tesi con Mosca

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

L’Unione Sovietica aveva una sua idea su come scatenare una guerra nucleare in Europa senza riportare troppi danni. Anzi, in teoria, rimanendo intatta. Così la pensava Leonid Breznev in un momento critico della Guerra Fredda, la fine degli anni Settanta. L’Urss aveva firmato con gli Usa un trattato in cui le superpotenze si impegnavano a non tirarsi addosso per prime i missili intercontinentali; e l’aveva aggirato inventando i «missili di teatro»: quelli che avrebbero dovuto essere lanciati su una parte dell’Europa senza colpire l’America e dunque, così si sperava al Cremlino, senza scatenare la rappresaglia. Lo sapevamo a grandi linee ma adesso conosciamo anche i dettagli, che appaiono per molti versi sinistri. Lo dobbiamo al governo polacco, erede e depositario dei documenti segreti del defunto Patto di Varsavia e che ha ora deciso di renderli noti.
Il piano di guerra in questione ha una data: 1979, contiene tutti i dettagli di tecnica militare e ha allegata, fra l’altro, una mappa che mostra dove precisamente si sarebbe dovuta combattere la Terza guerra mondiale, primo conflitto nucleare nella Storia. Non è un piano difensivo, anche se porta il nome «politicamente corretto» di «contrattacco» e prevede attacchi nucleari contro una dozzina di città e tre Paesi dell’Europa centrale: tre membri della Nato, uno del Patto di Varsavia. Le atomiche dovevano essere scagliate contro Bonn, Colonia e Monaco in Germania, Bruxelles e Anversa in Belgio e la principale città olandese, Amsterdam. Era previsto che la reazione della Nato colpisse con effetti gravemente distruttivi unicamente la Polonia. Il conflitto doveva essere limitato all’Europa centrale. Nessun missile avrebbe dovuto colpire il suolo sovietico. Sarebbero state risparmiate, in Occidente, l’Italia, appartenente a un’altra area geografica, ma anche la Gran Bretagna e la Francia in quanto entrambe possedevano e possiedono l’arma nucleare.
Nello svelare il piano, il ministro della Difesa di Varsavia, Radoslaw Sikorski, ha dato sfogo a tutta la propria indignazione: «Questa era la funzione del nostro Paese nell’alleanza fraterna fra le potenze socialiste. Ci si chiedeva di partecipare a una operazione che avrebbe comportato l’annientamento nucleare del nostro Paese. Un fatto che emoziona, indigna e fa paura. Ed è prezioso per far capire ai nostri connazionali il modo in cui il nostro Paese era trattato e considerato negli anni della sua sudditanza all’Urss». Il piano non fu mai messo in opera per merito della pronta reazione dell’Occidente: l’America impiantò gli «euromissili», che avrebbero potuto colpire l’Urss e quindi ristabilirono l’unità strategica della Nato e l’equilibrio, che avrebbe portato più tardi al crollo del sistema sovietico.
La rivelazione è uno dei primi gesti del nuovo governo polacco uscito dalle elezioni che hanno visto il trionfo della destra. Ma già prima le relazioni fra Mosca e Varsavia erano tese. Il programma elettorale del presidente, Lech Kaczynski, e del suo partito, che ha formato il governo, conteneva l’impegno a «chiarire la storia della Polonia durante il regime comunista», ad avviare le inchieste, anche penali, contro gli esponenti del sistema totalitario e a riaprire gli archivi di Stato. La pubblicazione del piano di guerra nucleare si inquadra in questa scelta politica.
Varsavia è la capitale del primo Paese che si ribellò contro l’Impero comunista, ma negli ultimi anni i governi socialisti avevano cercato di dimenticare e far dimenticare, come dimostra anche il trattamento di riguardo riservato al generale Wojciech Jaruzelski, già capo del Partito comunista e autore del colpo di Stato che nel 1981 cercò di schiacciare l’opposizione. Il cambio di clima a Varsavia si è già riflesso in un ulteriore gelo nei rapporti con Mosca, con uno scambio di gesti e di dispetti, il penultimo dei quali da parte di Vladimir Putin, che ha definitivamente cancellato dal calendario la data e la festa della Rivoluzione di Ottobre (che fino a quest’anno si celebrava il 7 novembre) ma per sostituirla con una festa nazionale il 4 novembre a commemorazione della «liberazione di Mosca dall’occupazione polacca».

La data è 1612, ricordata nei manuali come l’inizio del Risorgimento russo dopo gli «evi bui». La cacciata degli occupanti mise fine al caos mediante l’installazione della dinastia dei Romanov e molti vedono nel decreto di Putin una sua identificazione con gli zar riunificatori della Russia.

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