Con una punta di verde in più avrebbe gli occhi azzurro- Tiffany, il massimo visto che Melvyn Kirtley è capo gemmologo del mitico brand. Nato in Inghilterra dove ha studiato economia al Durham Polytechnic (tra le 100 migliori università del mondo) vive negli Stati Uniti da 35 anni, un perfetto Eglishman in New York come la celebre canzone di Sting.
Come è entrato da Tiffany?
«Ho cominciato come addetto alle vendite nel negozio di San Francisco, mi occupavo di moda, accessori e articoli per la casa. Non avevo molto a che vedere con le pietre preziose, eppure me ne sono innamorato tanto da iscrivermi e poi laurearmi all'Istituto Gemmologico Americano».
In cosa consiste il suo lavoro?
«Devo trovare le pietre più belle e più rare del mondo, cose ai confini della realtà. Tiffany ha degli standard qualitativi impareggiabili, usiamo il meglio in assoluto. Per me è veramente un sogno che vivo a occhi aperti».
Ci sono dei trend nelle pietre come nei vestiti?
«No, però penso che le nostre clienti debbano crearsi un guardaroba di gioielli e noi siamo lì per aiutarle a trovare ciò che sta loro meglio».
Il diamante è un passe partout come il tubino nero?
«Certo, ma Tiffany usa da sempre anche pietre colorate come la tanzanite che ormai ha un processo estrattivo quasi artigianale: se ne trova pochissima. Noi usiamo solo quella blu scuro che va sul viola, la più bella. Io amo molto anche la tormalina Paraiba che ha ha un colore incredibile, molto simile al blu delle nostre confezioni. Si trova solo in due posti al mondo, Brasile e Mozambico».
Anche per le pietre si è aperta la via dell'estinzione?
«Purtroppo sì. Noi ad esempio non usiamo il corallo proprio per questo motivo».
Non usate neppure i rubini, perché?
«Questa è un'altra storia: il commercio dei rubini finanzia la giunta militare birmana e visto che il 90% dei rubini arriva dal Myanmar ne facciamo a meno. Anche con i diamanti siamo molto cauti: usiamo solo quelli certificati dal protocollo Kimberley, cioè provenienti da Paesi che non finanziano conflitti in Africa»
Le sue pietre preferite?
«Adoro i diamanti, soprattutto quelli colorati giallo, blu oppure rosa perché riflettono la luce in un modo speciale. Sono una vera rarità».
Cos'è il famoso Blue Book di Tiffany?
«È la nostra alta gioielleria. Ogni anno creiamo una collezione tematica di pezzi unici per i migliori clienti. L'anno scorso abbiamo lavorato sull'acqua mentre il tema di quest'anno è l'intera natura, ovvero la bellezza che circonda l'acqua. Il design dei gioielli è molto fluido: sembrano scorrere addosso. Anche le pietre sono eccezionali. In una collana c'è un diamante da 40 carati D Color (il più bello in assoluto) e senza neanche un atomo di carbonio, su un'altra ce n'è uno da 26 carati tagliato a goccia oltre a una spettacolare apatite di calcio tagliata a cabochon».
Ma non è il materiale di cui sono fatti i nostri denti?
«In un certo senso sì: è un componente dello smalto. Come pietra è molto simile all'opale, emana una luce che ricorda l'alone violetto intorno alla luna».
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