Non è il Bronx. E neanche la Comasina dei bei tempi. E nemmeno il Corvetto delle gang. É solo un pugno di case all’angolo tra l'inizio della via Ripamonti e lo stradone che va verso la Barona. Quelli che ci abitano lo chiamano "quartiere Antonini", e c’è inevitabilmente la classica vecchietta che dice "Io sono arrivata qui negli anni Sessanta, e si stava bene". Proprio lì sotto, c’è l’aiuola dove domenica a ora di pranzo il tassista Luca Massari è stato massacrato di botte per avere investito un cocker nero. Dietro l’angolo c’è una Ford bruciata: era di uno che ha avuto il torto di urlare "basta, smettetela" a chi stava picchiando il povero tassista, e poi di raccontare tutto alla polizia. A sinistra, da uno dei quattro parallelepipedi identici che formano il quartiere, si affacciano le finestre delle case dove abitano i signori dell’ "Antonini". E dove abitava anche Morris Ciavarella, il balordo arrivato dalla Barona che ha ridotto in fin di vita il tassista.
Per strada, una ventina di ragazzotti sui diciotto o vent’anni. "Guardali là, quegli zulù", dice una donna del quartiere. Loro non c’entrano col pestaggio del tassista. Giurano di non entrarci neanche con l’aggressione a Maurizio Maule, veterano dei fotoreporter milanesi, cui ieri mattina spaccano la faccia e rubano la Canon mentre fotografa la Ford bruciata: "Eppure - brontolano - è arrivata la Volante, ha preso Checco e Ivan, che passavano per caso, li hanno riempiti di botte e li hanno portati in questura". Un po’ si godono la ribalta, un po’ insultano i cronisti e i poliziotti. Un po’ ridono dietro a "Tonino Malavita", mezza macchietta del quartiere, che si esibisce davanti alle telecamere.
Poi, dal fondo della strada, sbuca a velocità demenziale una Punto tutta ammaccata, sbanda, risgomma, fa il giro della piazza come su un autodromo. Al volante c’è uno dei Citterio, la famiglia che qui tutti temono. Enzo, il capofamiglia, è nato qui. I suoi sei figli anche. Una ha sposato uno dei Ricotti, la famiglia che l’altro giorno cerca di fermare il pestaggio del tassista, e che si ritrova con l’auto bruciata. Già il pomeriggio, raccontano in piazza, il vecchio Ricotti e il vecchio Citterio si erano picchiati di brutto. Perché l’uomo che ha rovinato di botte il povero tassista, quello che i Ricotti avevano cercato di fermare, è un membro acquisito del clan Citterio: Morris Ciavarella, l’uomo di Stefania Citterio. Era Stefania, con altre due amiche, che domenica all’ora di pranzo era scesa a portare a spasso il cane. É stata Stefania, raccontano i testimoni, a lanciarsi come una furia contro il tassista che cercava in tutti i modi di chiedere scusa, scaraventandogli contro sassi, bottiglie, persino caschi da moto. Poi, alle spalle, è intervenuto il suo uomo, con una furia senza controllo e senza spiegazioni. E per il tassista non c’è stato più scampo.
Adesso che Milano scopre con stupore l’esistenza di questa piccola terra di nessuno, si potrebbe ragionare a lungo su come sia stato possibile. "Qualche balordo qua c’è sempre stato - racconta un vecchio del quartiere - ma il massimo che facevano era andaà a picaa i culatun, andare a menare i gay. Invece adesso è cambiato tutto". C’è chi dice che è un banale problema viabilistico: in via Ghini e in largo Caccia Dominioni non c’è traffico di transito, ci passa solo chi deve venire da queste parti. E ci passano anche poche Volanti. Così, un po’ alla volta, i giardinetti sono diventati un microcosmo dove si poteva fare quel che si voleva. Non grande crimine. Ma piccoli spacci, piccoli traffici di auto rubate, moto rubate, merce rubata. Nel microcosmo si sono create in fretta gerarchie precise, stabilite a forza di botte, di auto bruciate, di minacce. Eloquente è il modo in cui Stefania Citterio e il suo uomo, Morris Ciavarella, hanno risolto il problema di trovare una casa i cui vivere insieme: la settimana scorsa hanno sfondato la porta di un alloggio sfitto, accanto a casa della famiglia di lei, e ci sono andati a vivere indisturbati.
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