Tolkien, narratore cattolicissimo (ma non solo)

Non sempre riesce facile rinchiudere in schemi ideologici figure di innegabile valore artistico. Prendiamo Tolkien (nel tondo): l’autore de Il Signore degli anelli era di solidi sentimenti monarchici e si professava Cattolico Apostolico Romano. Proprio il cattolicesimo di Tolkien fu argomento del contendere fra Wu Ming 4, membro dell’anonimo collettivo giunto al successo con il romanzo Q (Einaudi) ed Andrea Monda in occasione del convegno organizzato a Modena nel 2010 dall’Istituto Filosofico di Studi Tomistici e dall’Associazione Romana di Studi Tolkieniani. Gli atti saranno pubblicati verso metà ottobre grazie all’editrice Marietti 1820 (Tolkien e la filosofia; con interventi anche di Verlyn Flieger, Christopher Garbowski, Franco Manni e Tom Shippey). In sintesi, secondo Wu Ming 4, Tolkien «non fece teologia attraverso la narrazione, non compose un’allegoria cristiana, men che meno mascherò l’etica cattolica sotto le sembianze del romanzo epico d’avventura». I suoi personaggi «si collocano in una zona franca non più pagana e non ancora cristiana, ovvero dialogano con entrambi gli universi e, di conseguenza, anche con la modernità post-cristiana». Frodo, Aragorn e Gandalf sarebbero dunque «pagani virtuosi» e non cristiani.
Monda ricorda invece che essere cattolici e al contempo narratori non significa fare cosciente apologetica, parlare per forza di Dio. Inoltre, «appartenere alla Chiesa non è come far parte di una cellula di un partito politico», il cristianesimo non è un’ideologia che si può mettere da parte quando ci si siede al tavolino per scrivere. Ecco perché lo stesso Tolkien si accorse di aver scritto «un’opera religiosa e cattolica» quasi inconsciamente. Secondo Monda, la vera novità de Il Signore degli anelli rispetto a tutta la fantasy paganeggiante la si trova proprio nel ruolo degli Hobbit: i mezz’uomini della Contea sono «agenti del paradosso evangelico»: non possenti guerrieri invincibili ma piccoli che rovesciano il trono dei grandi, David contro gli orchi Golia. Dà man forte agli argomenti di Monda un volume fresco di stampa per i tipi de Il Cerchio, firmato da Greta Bertani: Le radici profonde. Tolkien e le sacre scritture (pag. 166, euro 16). La Bertani trova un gran numero di corrispondenze fra l’opera dello scrittore inglese e la Bibbia: il Dio unico, il Logos creatore e le creature angeliche, la caduta come conseguenza del peccato, la necessità del sacrificio, la funzione della Provvidenza e della Grazia. Se Cristo non viene mai evocato da Tolkien è solo perché tratti della sua figura come profeta, sacerdote e re sono distribuiti fra l’hobbit Frodo, il mago Gandalf e il cavaliere Aragorn.
Allora Wu Ming 4 ha completamente torto? No, a parere di Gianfranco De Turris, massimo esperto in Italia della materia.

«Nell’opera di Tolkien ci sono elementi pagani quanto cristiani. L’autore stesso negò che Frodo fosse una figura cristica. Il Signore degli anelli può essere interpretato come romanzo non esclusivamente cattolico. Purché non si esageri».

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