Il torero più piccolo del mondo ha ucciso sei tori in un giorno

Si chiama Michelito, ha 11 anni, è francese e figlio d’arte. Solo una volta ha rischiato la morte. Ha pianto. Poi si è rialzato e ha fatto fuori il nemico

Il torero più piccolo del mondo 
ha ucciso sei tori in un giorno

A las cinco de la tarde, nel caldo umido dell’arena di Merida, Yucatan, sud est del Messico, è scomparso un bambino. La faccia ha un nome e una scheda. Michel Lagravere Peniche, detto Michelito, 11 anni, torero. Anzi Novillero, novizio della morte, serial killer di tori. I capelli pettinati da bravo bambino, è poco più alto del toro e più piccolo dei suoi undici anni, lo sfida in ginocchio, gli balla intorno, sempre più vicino, non ha pietà quando deve infilargli la lama tra gli occhi, insensibile a quello sguardo. Ha ucciso sei tori, piccoli come lui, poco più che vitelli, forse pensavano che giocasse. Morbido e disinvolto, indifeso e spavaldo, abbraccia la muleta come fosse una chica, tiene a bada la paura con la spada. Li ha visti traballare sulle gambe, schiantarsi come fulminati, li ha guardati morire, occhi negli occhi, per poi esultare come un bimbo al gol di Raul. Un macello e una danza. Il papà lo bacia sulla testa. Coreografia studiata, movimenti al millimetro. Non c'è passione, né furore. Questa è una storia di ghiaccio.

Il mondo dei grandi non conosce la pietà e lui lo abita con disinvoltura feroce e infantile. Sono anni che uccide tori, taglia orecchie, mozza code. In quasi quattromila lo hanno portato in trionfo: «Sono felice, sono stato grande». Sembra cappuccetto rosso ma è il lupo. Michelito fa il torero dalla prima elementare, ha un fratello Andresito, due anni di meno, uguale identico, «segue i corsi della scuola taurina e vive la sua passione che è quella della sua famiglia», spiega papà che si chiama come il figlio e faceva il torero pure lui. Non ha mai avuto incidenti gravi: solo una volta è inciampato e le corna del toro lo hanno sfiorato di un soffio. Si è alzato singhiozzando, uno sfregio sulla gamba, poi ha voluto finire il nemico di persona. «Chi sa fare davvero questo mestiere non ha paura». Tenero e spaventoso.

In Spagna sono banditi, in Messico eroi. Portano gente nelle arene ora che nelle arene non va più nessuno. La paura fa audience, soprattutto se c’è di mezzo un bambino, anche se c’è abbastanza sangue in giro per il mondo e bambini ammazzati. Un toro è un assassino a cinque anni, prima è solo una bestia pericolosa. Ai bambini come Michelito ne fanno sfidare al massimo uno di tre, ma per combattere a Merida c’è voluta l’autorizzazione della magistratura. Toreri bambini come Juan Pedro Galan che a nove anni, inizio anni Ottanta, era già famoso come Beckham, o Jairo Miguel, 14 anni, che fu infilzato a un polmone da Hidrocalido, 400 chili di toro, le corna a un soffio dal cuore. «Sto morendo, papà, sto morendo», ma tornò subito nell’arena, anche se gli animalisti gli gridavano assassino. In convalescenza guardava i cartoni animati.
E poi Julian Lopez Escobar, detto El July, il Mozart della corrida che a sedici anni appena compiuti era già il torero più pagato della storia, trenta miliardi in un anno, lo chiamavano maestro, e che adesso a ventisei, dopo duemila tori fatti a pezzi e ottocento corride, è il boy più sexy di Spagna, spietato, bellissimo con gli occhi verdi e lo sguardo di un iceberg. Plateale, eccessivo, la prima muleta la fece volteggiare il giorno della prima comunione e la scuola non l’ha mai finita: «Non leggo, non mi interesso di politica. Ma libri e politica non sono tutta la vita. In Spagna i tori fanno parte della cultura più di tanti libri».

Un toro gli ha strappato un muscolo della gamba, al padre un occhio. Novanta milioni delle vecchie lire a prestazione, quattrocento milioni per uno spot, ha querelato Shakira per avergli rubato le immagini per un clip, è una macchina da record, nessuno ha mai fatto tante corride, e da soldi.

Per questo se ne frega delle critiche di chi non ama le corride, degli animalisti, dei protettori dell’infanzia, della gente qualunque. A dare le spalle a certe vite a volte può essere fatale. «È più pericoloso andare in go kart» si scansa Michelito. Olé.

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