La casta delle toghe. Vita, opere e disastri degli «intoccabili». E più in generale, dell’intero sistema giudiziario nazionale. Il libro «La palude» scritto da Massimo Martinelli (edizione Gremese) è una spietata radiografia sugli sprechi, le assurdità e gli interessi «molto» particolari che paralizzano la giustizia italiana. Eccone un sunto. Agghiacciante.
IL SISTEMA DÀ I NUMERI
Forse non tutti sanno che in Italia ci sono 1,39 magistrati ogni 10mila abitanti, contro una media europea di 0,98. Come se non bastasse l’Italia può contare su 21 tribunali ogni milione di abitanti, in Germania, per dire, i palazzi di giustizia arrivano massimo a 13. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta i tribunali di primo grado, civili e penali, sfiorano i 1.600. Ogni tribunale italiano ha un bacino di utenti «limitato», in media a 55.011 abitanti, contro i 91mila di un tribunale francese, i 99mila di uno tedesco.
L’ETERNO RIPOSO
I magistrati hanno un orario di lavoro indicato da precise tabelle ministeriali che fissa in 40 ore settimanali il tempo da dedicare all’amministrazione della giustizia, compresa la stesura delle sentenze. I giudici ne depositano di lunghissime, vere tesi di laurea (solo per scriverle ci vogliono settimane) anche se poi spesso sono lavori quasi autoreferenziali. Il sabato non si lavora in quasi nessun tribunale d’Italia e d’estate è previsto un periodo di riposo di 45 giorni. In un anno lo stop ai processi dura, mediamente, tre mesi.
MAXIPROCESSI E MEGASPRECHI
In Australia, il primo maxi-processo è cominciato a Melbourne il 13 febbraio 2008 con 12 indagati e 25 avvocati. Nove mesi i tempi previsti per arrivare alla sentenza. Il processo per il crac della Parmalat conta 66 imputati, 35mila cittadini tra le parti civili, 6 milioni di atti: alla vigilia della prima udienza non si trovavano nemmeno i giudici per comporre il collegio.
IL PM TIENE FAMIGLIA
All’interno dei nostri palazzi di giustizia non si contano i casi di parentele «illecite». Solo a Palermo sono 23 i magistrati imparentati tra loro e con altri dieci legali che esercitano in quei tribunali, in contrasto con la legge sull’ordinamento giudiziario e con la norma prevista sul giusto processo.
CHI SBAGLIA (NON) PAGA
Troppi errori, sviste, dimenticanze che si compiono nelle aule dei tribunali. Dal 2003 al 2007 lo Stato ha sborsato 213 milioni di euro per risarcire carcerazioni illegittime e sentenze errate. Le statistiche dicono che non accade quasi mai che un organismo di controllo - il Csm o la Corte dei Conti - contesti alla toga «incriminata» il danno erariale dovuto a un suo errore. E ancora. Per recuperare un credito rivolgendosi alla giustizia tricolore occorrono mediamente 1.400 giorni che al debitore costano un 17,6 per cento in più calcolato sul credito da incassare.
CONDANNE SENZA GIUDIZIO
Nei primi tre mesi di quest’anno è successo di tutto. Peschiamo a caso. Il 25 gennaio un gup che doveva decidere se rinviare a giudizio o meno cinque imputati per truffa e falso, ha emesso direttamente la sentenza diversificando pure le singole posizioni: tre condanne per pene complessive di cinque anni e sei mesi, due assoluzioni. Di lì a poco, a Roma, un giudice monocratico rinvia per la terza volta un processo per «rapina aggravata», a causa di un difetto di notifica e per altre questioni procedurali. Si prolunga così per altri sei mesi un processo cominciato quattro anni prima: l’imputato era accusato d’aver sottratto una siringa (valore 0,30 centesimi) durante una visita oculistica.
SPACCIATORE CON LODE
Un detenuto nigeriano di 39 anni, ritenuto un trafficante internazionale di droga, dopo 4 anni e mezzo è stato assolto con formula piena da ogni accusa. In compenso, aspettando i tempi biblici del suo processo, in carcere ha avuto il tempo di iscriversi alla facoltà di ingegneria informatica online di Tor Vergata e di laurearsi con lode (a spese dello Stato). Al contrario, il 21 febbraio a Bologna, in attesa del processo per direttissima, un pusher marocchino finisce in camera di sicurezza insieme a un immigrato clandestino. Dopo aver letto il fascicolo, prima dell’udienza, il pm ha ordinato la scarcerazione del clandestino perché la legge prevedeva per lui solo l’arresto facoltativo. Per un disguido, però, il detenuto a tornare in libertà è stato l’altro. Lo spacciatore.
SENTENZE E COLTELLI
Follie. Un giudice di Gela in 8 anni non è riuscito a scrivere una sentenza su alcuni boss mafiosi, poi scarcerati per decorrenza termini. Poi c’è il giudice che sta in malattia, e viene scoperto in barca a vela.
(ha collaborato Nadia Muratore)
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.