Allora ti accorgi che a guardarlo da vicino l’applauso del televoto non è poi così barbaro. Il professore questa volta ha gli occhi di un bambino. Sta lì, impacciato in mezzo al palco, come se avesse sognato un gol alla Bonimba nell’area di San Siro. Si volta, torna indietro, guarda Morandi, marca stretto qualche lacrima che gli arriva non si sa da dove. «Non me lo sarei mai aspettato.Mai». Vecchioni scopre che vincere Sanremo è una gran figata. E sembra per un attimo che non ci siano più quelli che la notte leggono Kant e quelli che il pomeriggio guardano Amici .
Non c’è l’altra Italia che non capisce,quella drogata dalle televendite, ignara, distratta, populista e popolare, quella che in ogni donna vede solo una velina, quella che magari vota Berlusconi. Perché la verità in fondo è questa. Gli italiani non sono un popolo scontato. Basta non giudicarli sempre dal-l’attico di una casa in centro.
Il professore è sorpreso, come tutta la sinistra radical convertita al televoto. Qualcuno dirà che Chiamami ancora amore ha vinto perché non è una canzone d’amore. Ma perché è un’Italia che vuole uscire da questa maledetta notte, perché parla di studenti, piazze e operai,perché«sognano un libro, un libro vero» o perché «stanno uccidendo il pensiero». Diranno che il professore canta il post berlusconismo o un inebriante, leggendario, risveglio.
Forse lo stesso Vecchioni ci crede. Non è che lì, tra i fiori,si è rinnegato.È più o meno l’uomo di sempre, con certe note che non lo lasciano più e l’amore per la moglie Daria, viola, girotondina e femminista. Vecchioni cantautore, vestito da poeta,con l’eco-smoking e le scarpe che non inquinano, firmate Pirelli Pzero. Vecchioni, per fortuna, incantato interista. Il professore conosce le parole e sa mascherarle quel tanto che basta per non stare lì a mettersi a fare davvero politica. Ma non è questo che conta. Non conta neppure il gioco, se gioco c’è stato, del professore.
Quello che conta è come Sanremo e Vecchioni si sono incontrati. Il secondo magari aveva più incertezze e paure del primo: «Chi se ne frega se non mi capiranno».Ma qui c’è la storia che vale la pena di raccontare. Il professore è stato capito. È stato votato anche da chi ha compreso benissimo il testo della sua canzone, ma non gliene frega se c’era un secondo fine. È stato votato anche da quelli a cui Barbara Spinelli dice esasperata: svegliatevi, non capite che il mondo ci ride dietro? È stato votato da chi non legge Micromega e a Natale va a spararsi un cinepanettone; da chi ha letto milioni di libri - come direbbe De Gregori- e da chi non sa neppure parlare.
Questo perché per gli italiani il voto non è per forza una buffonata. Allora a questa cosa, alla democrazia, magari vale la pena di tornarci a credere, di non cercare sempre scorciatoie, scantonando in piazza o aggrappandosi alle procure. Non fu lei, professore, a scrivere Signor giudice (un signore così così) ?
Non si può nascondere le sconfitte ricorrendo a un meschino manuale di razzismo antropologico: votare è inutile, gli italiani ormai sono scimmiette ammaestrate, rovinati dal teleberlusconismo. Non ci si può sempre indignare. Non si può stare sempre sul palco con il muso del predicatore o del profeta di sventure. Questa Italia, l’una e l’altra, hanno bisogno soprattutto di ottimismo.
Nessun ventenne, credeteci, ha solo voglia di farsi dire, come ormai da tempo facciamo: rassegnati, sei fregato. C’è bisogno di sperare, di non cadere nel nichilismo, di non respirare questa crisi che ci piace buttarci addosso e allora ci sta pure Chiamami ancora amore . Se il professore e Sanremo s’incontrano,per un momento scappa via anche questo strisciante retrogusto di guerra civile. Non c’è un’Italia colta e una barbara e bastarda. E si fa troppo in fretta a mettere etichette. Sanremo è il sorriso di due veline che arrivano in casa come due solari e splendide ragazze. Non c’è bisogno di rivendicare l’orgoglio delle altre e mettere in piazza la distinzione tra quelle che meritano e quelle che la danno. Belén solo ieri era marchiata dai bagni dell’Hollywood ed ora è riuscita a riabilitare Corona. È entrata nelle case degli italiani con il suo talento, una brava ragazza con il fidanzato un po’ bullo. Non serve spaccare questo Paese in due. Lei, professore, a Sanremo c’era già stato nel ’73.
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