Dopo la riapertura delle indagini da parte della procura, si torna a parlare della morte di David Rossi, il responsabile della comunicazione di Banca Mps deceduto il 6 marzo 2013 dopo essere caduto dalla finestra del suo ufficio. Si è sempre parlato di suicidio, anche se alcune stranezze si sono notate sin dall'inizio.
La famiglia è favorevole alla riesumazione della salma, nel caso in cui gli inquirenti volessero disporla. Intanto Luca Goracci, legale della famiglia, ha fatto intendere che la fine di Rossi potrebbe essere legata "a quanto l’uomo aveva intenzione di raccontare alla procura, cosa che emerge già in parte in alcune email pubblicate tempo fa e di cui può aver parlato anche con altri. Non sappiamo se Rossi sapesse o non sapesse certe cose ma questa è un’ipotesi", ha detto il legale, il quale ha aggiunto tuttavia "che ci potrebbe essere anche altro". La maggiore novità giudiziaria - spiega l’avvocato Goracci - è rappresentata innanzitutto dalla perizia grafologica, condotta dal professor Giuseppe Sofia, dapprima su copia dei biglietti manoscritti lasciati da Rossi poi sugli originali, anche con una serie di strumentazioni: lo studio evidenzia, per l’esperto, che la scrittura è avvenuta sotto una evidente costrizione fisica e psichica".
Il professor Gian Aristide Norelli, ordinario di medicina legale all’Università di Firenze, nominato ad indagini già effettuate, ha parlato di "lesioni che ben difficilmente possono trovare come unica motivazione una caduta: sono state trovate infatti ampie aree violacee in molte parti del corpo, una ferita sul cuoio capelluto che farebbe pensare che la vittima sia stata colpita, una frattura sul cranio, lesioni superficiali sugli avambracci "che difficilmente sono inferte a scopo suicidario" e fratture costali. "Non ci sono motivazioni sufficienti a poter accantonare l’ipotesi che non sia stato un suicidio", ha concluso il professore. L’ipotesi dell’avvocato e della famiglia è che l’ex giornalista sia stato colpito "con un corpo contundente", e quindi, stordito, sia stato
catapultato nel vuoto.
La vedova Rossi
Antonella Tognazzi, vedova del giornalista, non ha mai creduto al suicidio del marito. "Il medico legale - dice in un'intervista all'Huffington Post - ha riscontrato lesioni che non hanno niente a che vedere con la caduta. Lo hanno spinto, almeno in due, anche se non posso sapere quante persone ci fossero in quella stanza. Ora voglio conoscere il nome degli assassini di mio marito". Non sa il motivo che avrebbe spinto qualcuno a eliminare suo marito. Si limita a ricordare che Rossi "voleva andare dai giudici per sapere che cosa cercassero, che cosa volessero da lui. Questo pensiero lo tormentava, ne parlavamo spesso".
C'è un altro particolare interessante, che emerge dal racconto della vedova. Nel biglietto di addio una frase tipo "Toni amore mio ti chiedo scusa”, precisa la donna, "non facevano parte del nostro vocabolario quotidiano. Lui sapeva che non mi piace il diminutivo Toni e mi chiamava Antonella, a differenza di tutti gli altri. Non ci chiamavamo mai amore perché non era quello il nostro stile. E David non era un tipo che chiedesse scusa.
Messe in fila una dietro l’altra in quel contesto queste espressioni potevano avere solo un senso: farmi capire che chi stava scrivendo non era lui, che in quel momento qualcuno lo stava forzando. Solo io avrei potuto afferrare quell’sos in codice, lo ha fatto apposta, mi ha aperto gli occhi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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