nostro inviato a Ginevra (Svizzera)
La stanza del buco nella ricca e pulita Ginevra è al secondo piano di una palazzina dell'Ospedale psichiatrico della città, in rue de Pâquis 35, nei pressi del centro storico. In cinque metri per cinque, lindi da poterci quasi mangiare in terra, a un tiro di schioppo da negozi, banche e alberghi, il comune distribuisce eroina. Pulita anche quella. Esce purissima da una società tedesca che ha i propri laboratori in Francia, e s'infila direttamente nelle vene dei 43 tossicomani oggi inseriti nel programma sperimentale di prescrizione degli stupefacenti (Peps). Uno di questi barcolla placido e assorto e se ne va: ha appena ricevuto la sua dose mattutina.
Qui, l'amministrazione droga chi si droga. E leroina della mutua è gratis. Un via vai del buco costante, 365 all'anno. Arrivano donne, uomini, giovani e meno giovani. Fantasmi che magari per trentanni si sono martoriati vene e anima. C'è chi ha bisogno di 200 milligrammi di «roba», chi di 600. Una, due, anche tre volte al giorno. Per tutti c'è una siringa pronta appena sterilizzata, il laccio emostatico, il cucchiaino dove sciogliere un po di morte in polvere, acqua distillata, batuffoli di cotone e alcol per disinfettare lennesimo foro. Per tutti ci sono anche Burt, Thomas, Gustav: personale medico specializzato che somministra leroina, controlla i buchi, sostiene «i clienti», interviene in caso di bisogno. Sono in venti tra psicologi, psichiatri, assistenti sociali. Si conoscono tutti, medici e pazienti sono quasi amici ormai. «Allora, come va oggi? La tua bimba? La moglie? E quel colloquio di lavoro?». Quattro chiacchiere e poi via a farsi, a gruppi di quattro, nella stanza del trip. Torneranno tutti. Chi dopo poche ore, chi il giorno dopo. Un tavolo bianco, quattro lampade da ufficio, quattro sedie, un lavandino, una tela dai colori sgargianti e una finestra che si apre verticalmente. Dietro al vetro i medici preparano la dose giusta. Cè quella per Karl, per Marc, per Melanie. Ad ognuno il proprio «menu». Controllato.
Terapia e aiuto alla sopravvivenza, ossia «ero di Stato»: è uno dei pilastri con cui la Svizzera disinfetta la piaga droga. Gli altri sono prevenzione, riduzione del danno e repressione. Discreti, gli elvetici, lo sempre stati. E con discrezione, nel 1995, hanno cominciato a prescrivere eroina. Determinante lo straordinario flop del Platzspitz e della stazione di Letten di Zurigo, alla fine degli anni Ottanta. Lesperimento del parco dei tossici aveva portato a Zurigo eroinomani da tutta Europa, il dilagare di Aids, epatite, violenza, degrado. La gente si è stufata di vedere cadaveri ambulanti e non, con la testa reclinata allindietro e la siringa piantata nel braccio. I drogati al Paltzspitz vennero dispersi con lesercito.
Con il proverbiale pragmatismo elvetico il dottor Daniele Zullino, capo dellambulatorio di Ginevra, spiega: «Il principio di base è che leroinomane deve poter sopravvivere prima di decidere di voler smettere». In effetti così sopravvive eccome, con «roba» di ottima qualità che gli scorre nelle vene al posto di polvere tagliata con ogni porcheria. Eroina purissima che al Comune costa quasi zero: 160 franchi (meno di 100 euro) per unottantina di dosi. Assurdo, però, curare il drogato con la droga. Zullino respinge lobiezione: «Chi viene da noi è sotto controllo costante, migliora il suo stato di salute psicofisica, elimina il rischio di contrarre il virus dellHiv o lepatite, è in contatto con medici che cercano di portarlo sulla strada dellastinenza. Non solo: difficilmente spaccherà vetrine per rapinare qualche negozio o scipperà qualche vecchietta con la quasi certezza di finire dietro le sbarre».
La chiamano la «rete». Quando un nuovo «pesce» decide di entrarci ci resta per anni. Per essere ammessi bisogna essere maggiorenni, residenti a Ginevra, aver fallito con altri trattamenti ed essere nel tunnel da almeno due anni. Funziona così in molte città della Svizzera, tra cui Zurigo, Berna, Basilea. Per i circa 40mila tossicodipendenti sul territorio, ci sono 21 centri in cui il Comune somministra eroina a un totale di 1.295 pazienti. La maggioranza, tuttavia, si cura con il metadone (14.381 casi).
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