"Volevo uccidere un bianco, giovane e italiano. Avrebbe fatto scalpore". È la confessione choc di Said Mechaout, il killer di Stefano Leo. Il 23 febbraio scorso il 27enne nato in Marocco ha scelto la sua vittima con cura. Ha comprato un coltello, poi è andato ai Murazzi del Po a Torino e ha osservato i passanti in attesa "dell'uomo giusto".
"Ho colpito un bianco, basandomi sul fatto ovvio che giovane e italiano avrebbe fatto scalpore", ha detto secondo La Stampa Mechaquat ai carabinieri che lo interrogavano, "Mi bastava che fosse italiano, uno giovane, più o meno della mia età, che conoscono tutti quelli con cui va a scuola, si preoccupano tutti i genitori e così via. Non avrebbe fatto altrettanto scalpore. L’ho guardato ed ero sicuro che fosse italiano. Volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti".
Dopo più di un mese dal delitto il marocchino - naturalizzato italiano dopo un adozione - si è presentato in questura per confessare. Ma il suo volto durante l'arresto e quel gesto delle corna alle telecamere mostrano una spavalderia che non ha nulla del pentimento. Ha detto di sentire le voci in testa, di voler ammazzare ancora. Poi ha ricostruito la vicenda. Quella mattina si era svegliato nel dormitorio per clochard allestito da Comune e Croce Rossa in piazza D'Armi, ha attraversato la città ed è andato in un discount di via Borgaro dove per 10 euro ha comprato un set intero di coltelli. "Ho preso il più grande e ho gettato gli altri", ha detto. Aveva studiato bene il modo per colpire la vittima, con una coltellata alla gola: "Quello è il modo più sicuro di uccidere", ha spiegato, "Se lo colpisci di schiena è meno sicuro, anche se lo prendi al polmone non sei certo di ammazzarlo".
Il delitto
Col coltello in borsca Il 27enne è andato ai Murazzi, sul Lungo Po Machiavelli. "Mi sono seduto su una panchina. Ho fumato un paio di sigarette. Passavano persone", ha detto, "Ho scelto quel posto perché si può scappare via subito. E poi ci andavo spesso la domenica". Dalla sua panchina ha osservato bene i passanti. Cercava dei giovani "dall'aria felice", qualcuno la cui morte avrebbe fatto scalpore. Ha pure litigato con un ragazzo col cane che faceva foto col cellulare. Poteva essere lui la vittima, ma "in quel momento c’era gente".
Poi è arrivato Stefano Leo. Aveva le cuffiette alle orecchie e gli occhiali scuri e andava al lavoro. Non si è accorto che quell'uomo sulla panchina lo guardava, che si è alzato e l'ha raggiunto mentre saliva le scale verso la strada- Lo ha colpito alla gola, sgozzanodlo, mentre lo sorpassava. "Ho visto che cercava di respirare", ha raccontato agli inquirenti Mechaout, "Si è accasciato dopo aver fatto le scale, cercando di prendere aria. Si è inginocchiato e poi è caduto a terra".
A qual punto il marocchino ha continuato a camminare velocemente verso la fermata del tram in via Bava. Ha preso la linea 16, ha nascosto il coltello in una cabina elettrca ed è tornato al dormitorio. Ha aspettato più di un mese prima di consegnarsi. E lo ha fatto perché "non ho più l’amore per vivere". "Per passeggiare senza senso meglio che venga qua", ha detto.
"Volevo colpire una persona felice"
Ai carabinieri Mechaout ha raccontato di essere nato in Marocco, a Khourigba. Si è sposato giovanissimo nel suo Paese, poi si è separato e nel 2012 ha avuto una relazione con una ragazza torinese dalla quale ha avuto pure un figlio. Lei però lo aveva lasciato e lui è sprofondato nella disperazione. Pochi soldi, lavori saltuari e tanta rabbia.
Infine quel riparo nel dormitorio per senzatettto e un sentimento di vendetta che lo ha portato a colpire una persona "felice". "Ho pensato anche di uccidermi", ha raccontato, "Che madre natura stava cercando di farmi uccidere e allora ho pensato io di uccidere. Ho detto che potevo far pagare a Torino quello che è di Torino".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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