Imprenditore reo confesso è accusato di omicidio, ma viene scarcerato

I giudici del tribunale del Riesame di Napoli hanno revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari. Delusi i familiari della vittima. Rinviata anche l'udienza preliminare.

Imprenditore reo confesso è accusato di omicidio, ma viene scarcerato

È accusato di omicidio volontario, ma torna a piede libero. Per il collegio della decima sezione del tribunale del Riesame di Napoli “risulta improbabile che possa tornare a delinquere” e il “pericolo di fuga è insussistente”.

I giudici della Libertà sono stati chiamati ad esprimersi nei giorni scorsi sull’appello presentato dagli avvocati difensori di un imprenditore della provincia di Napoli e, attribuendo alla commissione del delitto il “carattere dell’occasionalità”, hanno deciso di annullare la misura cautelare degli arresti domiciliari a cui l’indagato – Vincenzo La Gatta - era sottoposto da circa un anno. All’uomo, 48enne, che è amministratore di una società omonima produttrice di componenti aeronautici, si addebita l’uccisione del 35enne Giuseppe Di Marzo, avvenuta il 23 dicembre dello scorso anno in provincia di Napoli, a Pomigliano d’Arco.

La vittima fu ammazzata intorno alle 23 in via Pratola, un’area periferica della città. Vincenzo La Gatta confessò sin da subito l’omicidio. Aveva ucciso con la pistola che deteneva regolarmente. Con un solo colpo. Sparato a bruciapelo contro la tempia sinistra, come poi confermato dall’autopsia. L’imprenditore si trovava con un amico, titolare del resort situato a due passi dal punto in cui in cui si era consumata l’uccisione. Secondo la loro versione dei fatti, durante una cena erano stati costretti a recarsi sul posto perché Di Marzo stava infastidendo dei clienti nel parcheggio. Stando a quando emerso dalle indagini a cui hanno lavorato i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, il 35enne – che aveva precedenti penali per furto e tentata estorsione, reati per cui era sottoposto alla libertà vigilata - era da solo quando fu freddato, era a piedi e senza armi. Per aver cagionato la sua morte per futili motivi ed in orario notturno, il gip di Nola, con l’ordinanza emessa il 27 dicembre dell’anno scorso, dispose nei confronti del presunto assassino gli arresti domiciliari, ipotizzando la sussistenza del pericolo di fuga e di recidiva. Contro quella misura cautelare era già stato presentato ricorso, ma lo scorso 29 luglio fu rigettata l’istanza: per il gip del tribunale di Nola le esigenze cautelari restavano in piedi e la parziale offerta risarcitoria di 100 mila euro proposta ai familiari della vittima non poteva ritenersi espressiva di un ravvedimento dell’indagato che, pur ammettendo l’omicidio, lo giustificava come accidentale, nonostante le risultanze investigative lo smentissero. A cinque mesi da quell’ordinanza, cambia tutto.

I giudici del Riesame hanno annullato la misura cautelare restrittiva accogliendo la tesi dei difensori (gli avvocati Saverio Campana e Giovan Battista Vignola), secondo la quale “l’azione dell’indagato, per quanto imprudente, non può comunque essere collocata nell’ambito di una volontà omicida come, tra l’altro, dimostrato dal fatto che il colpo risultava esploso a bruciapelo (e non a distanza) e che la mano che impugnava l’arma presentava, alla visita sanitaria, delle evidenti ecchimosi alle ultime tre dita”. In sostanza, lo sparo viene considerato come accidentale e inserito in una colluttazione in cui La Gatta interviene per difendere l’amico dalla presunta furia di Di Marzo. Ma dall’altra parte la vittima era da sola, disarmata e, sulla base di quanto emerge dagli atti, “era in palese stato di ubriachezza”. Secondo la sorella Imma, invece, Giuseppe Di Marzo era solo andato a farsi una passeggiata, si era fermato nei pressi del resort per l’illuminazione ed erano rimasti a parlare al telefono per diverso tempo, fino a quando non si era iniziata a sentire una voce, pochi minuti prima che lui morisse ammazzato. Resoconti contrastanti che, senza immagini di telecamere e con un unico testimone, amico del presunto assassino, hanno reso l’attività investigativa più complicata. Sul caso solo una ventina di giorni fa sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari. Per ieri era stata fissata l’udienza preliminare innanzi al gup del tribunale di Nola, ma è stata rinviata su richiesta della difesa. I legali di La Gatta hanno comunque preannunciato la volontà di celebrare il giudizio in forma abbreviata, un rito processuale che in caso di condanna consentirà all’imputato di poter beneficiare della riduzione di un terzo della pena.

La notizia della liberazione di La Gatta ha scosso ulteriormente i familiari della vittima, che già da tempo protestavano contro la decisione di applicare gli arresti domiciliari al presunto omicida, piuttosto che la custodia in carcere. «Hanno ucciso di nuovo mio fratello», ha commentato ieri la sorella di Giuseppe, Imma Di Marzo, che ha affidato il suo sfogo alla pagina Facebook ‘Verità e giustizia per Giuseppe Di Marzo’: «Quanto dolore. È stato come una pugnalata al cuore. Come è possibile mettere un assassino in libertà? La legge non è uguale per tutti.

E subire lo strazio nel vedere una povera mamma distrutta dal dolore che vive con il solo scopo di avere giustizia…Che delusione, subire ancora queste torture. Ma noi non ci fermeremo, questo ci dà la forza di andare avanti e alimenta il nostro desiderio di verità chiarezza e giustizia per mio fratello».

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