Il caso I contatti con la ’ndrangheta

Su richiesta pubblichiamo la rettifica al seguente articolo:

M.G.I.M. srl è uno studio societario, legale e tributario, con sede in via Durini n. 14.

Del tutto falsa risulta la notizia sulla partecipazione nel gruppo M.G.I.M. dell’Avv. Bruno Mafrici.

Difatti, Bruno Mafrici aveva la disponibilità di una stanza, come altri liberi professionisti,  all’interno dell’immobile ma questi non è socio della M.G.I.M., Circostanza questa accertata dagli stessi inquirenti

Via Durini 14, in pieno centro di Milano, a due passi da piazza San Babila. È qui che l’indagine sugli affari segreti del Carroccio incrocia altre piste, ben più cupe. Qui gli uomini vicini alla Lega trattano disinvoltamente con interlocutori da cui dovrebbero etnicamente e culturalmente essere assai distanti: calabresi in odore di ’ndrangheta. E negli stessi uffici si muovono esponenti politici di centrodestra con un passato di destra radicale.
In via Durini scatta martedì mattina la perquisizione della Dia di Miano e di Reggio Calabria. Lì ci sono gli uffici e le società che fanno capo a Bruno Mafrici, avvocato, calabrese di Melito Porto Salvo. Mafrici secondo l’inchiesta è uno dei soci occulti di Francesco Belsito, il cassiere del Carroccio, per gli investimenti in Italia e all’estero. Ha lo studio principale a Condofuri, in Calabria. A Milano però viene spesso. E in via Durini si appoggia ad una società che si chiama Mgim, e che ha tra i suoi amministratori uno strano soggetto di nome Giorgio Laurendi, un funzionario dell’Agenzia delle entrate che prendeva le stecche per addomesticare i controlli.
Della Mgim si erano dovuti occupare già nel 2009 i carabinieri del Ros, che in via Durini erano arrivati seguendo le tracce di uno degli uomini di spicco della ’ndrangheta a Milano, Paolo Martino, uno dei signori della movida milanese, accusato di investire nei locali notturni i soldi dei clan. E proprio in via Durini il boss Martino viene fotografato dai Ros insieme a altre due persone. Uno, alto e con dei bei capelli, è Fabio Mucciola, imprenditore calabrese, che a Milano si dà da fare nel ramo degli appalti pubblici. Al momento di identificare il terzo partecipante, i carabinieri fanno un errore: e lo indicano come Lino Guaglianone, oggi consigliere d’amministrazione delle Ferrovie Nord, commercialista (tra i suoi clienti, l’ex agente dei divi Lele Mora) un passato da picchiatore fascista. Guaglianone smentisce, legittimamente. Quello della foto non è lui. È uno che gli somiglia, anche lui tarchiato e pelato. Oggi si scopre il suo nome: è Bruno Mafrici, l’avvocato calabrese in affari con la Lega Nord.
Che ci fanno insieme l’avvocato amico del Carroccio, l’imprenditore calabrese e il capobastone della ’ndrangheta, quel giorno del 2009? Chissà. Però che l’incontro avvenga in via Durini non è casuale. Al numero 14 non ci sono solo lo studio dell’avvocato e la sede della Mgim. Ci sono anche numerose altre società. Come la Finman, espressione di una famiglia di costruttori edili di Buccinasco, il cui capostipite negli anni Novanta comparve nei verbali di un pentito. E altre società che portano direttamente a Lino Guaglianone e a suo fratello Giorgio.

Tre anni dopo quella foto, gli sbirri dell’Antimafia sono tornati a scavare su quel che accade nel palazzo del centro di Milano. Ed è su questo troncone che l’indagine potrebbe riservare, prima o poi, le sorprese maggiori.

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