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Diritto all'oblio: perché cancellare il passato dal web a volte è ingiusto

Cancellare il passato dal web può essere talvolta ingiusto e diseducativo. Vediamo l'esempio del massacro di Novi Ligure e di Omar Favaro

Omar Favaro ed Erica De Nardo nel 2001
Omar Favaro ed Erica De Nardo nel 2001

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Diritto all'oblio: perché cancellare il passato dal web a volte è ingiusto

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La spinosa questione del diritto all’oblio ritorna ciclicamente nel dibattito pubblico perché ci sono tante persone che delinquono, scontano la pena in carcere e, una volta uscite, tornano a compiere azioni turpi, ma nonostante tutto chiedono che dal web venga cancellato il loro passato. Sarebbe ingiusto rimuovere questi contenuti dallo spazio virtuale, perché la memoria in Rete dev’essere neutrale: occorre trattare allo stesso modo le cose belle e le cose brutte e non dare seguito a richieste pretestuose di chi cerca l’impunità nel web puntando a rifarsi una verginità dopo aver commesso gravi crimini.

Giornalismo e funzione rieducativa del carcere

Tuttavia, occorre declinare anche in ambito mediatico il principio della funzione rieducativa della pena, contenuto nell’art.27 della Costituzione, secondo cui le pene non devono essere volte unicamente alla punizione del reo ma devono in primo luogo mirare alla sua rieducazione, quale requisito fondamentale per il reinserimento nella società. I media non devono accanirsi nei confronti di persone che sono incappate in disavventure giudiziarie o hanno commesso reati e sono uscite dal carcere dopo aver scontato la pena. Se la società offre a questi soggetti una chance di riscatto in termini di reinserimento, anche i mezzi di informazione devono mostrarsi indulgenti nel non rivangare fatti del passato privi di attinenza con l’attualità. Questo è il diritto all’oblio come corretta ricostruzione della storia di una persona.

Il caso di Omar Favaro

Ventidue anni fa Omar Favaro, all’epoca minorenne, aiutò la fidanzata Erika De Nardo ad uccidere la madre e il fratellino. Il massacro di Novi Ligure fu punito con la condanna di Erika e Omar rispettivamente a 16 e 14 anni di carcere da parte del tribunale dei minori. Quando Omar tornò in libertà i suoi avvocati chiesero ai media di dimenticarlo e di non parlare più di lui. Giusta richiesta perché lui aveva fatto un percorso di recupero che sembrava aver dato buoni frutti. Non c’erano dunque motivi per continuare a occuparsi di lui. Oggi Omar ha quasi 40 anni ed è da poco indagato per reati in famiglia. Avrebbe più volte violentato la sua ex moglie, con la quale ha avuto peraltro una figlia. I maltrattamenti potrebbero aver riguardato anche la bimba e il nuovo compagno della donna. La vicenda è ancora poco chiara ma nel frattempo i giornalisti ne stanno parlando. Non potrebbero non farlo perché quando a commettere azioni del genere è un soggetto già salito agli onori della cronaca per un omicidio la rilevanza della notizia è maggiore. Questo è uno dei casi in cui il diritto all’oblio non può essere invocato. Chi si è già macchiato in passato di crimini efferati è inevitabilmente più esposto degli altri ai riflettori mediatici, che sono pronti a riaccendersi su di lui alla prima eclatante occasione. D’altronde va ribadito che diritto all’oblio non vuol dire diritto al colpo di spugna, quindi alla rimozione dallo spazio virtuale di qualsiasi contenuto sgradito.

Cancellare il passato dal web può rivelarsi ingiusto e a volte anche diseducativo.

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