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"Intimidisce i giudici". Saviano insulta ancora Meloni (pensando al proprio processo)

Lo scrittore accusa il governo di "attitudine intimidatoria" e spara a zero sulla Meloni. Ma l'attacco è un modo per parlare del processo in cui lui stesso è imputato, ormai prossimo alla prima sentenza

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Accusa il governo di avere una "attitudine intimidatoria" (questa ci mancava), ma intanto pensa a se stesso. C'è una sorta di vittimistico egoismo nell'ennesimo attacco di Roberto Saviano a Giorgia Meloni. Sui social, infatti, lo scrittore campano si è scagliato contro il premier in riferimento alle polemiche per la recente sentenza di Catania sui migranti e poi ha spostato l'attenzione sulle proprie vicissitudini giudiziarie. Il volo pindarico è da antologia, ma non troppo complesso da comprendere: secondo l'autore di Gomorra, la leader di Fratelli d'Italia avrebbe minacciato l'intera magistratura e dunque anche i giudici che presto esprimeranno una sentenza nel processo in cui lui stesso è imputato per diffamazione nei confronti dell'attuale presidente del consiglio.

Verrebbe innanzitutto da chiedersi se Saviano abbia davvero fiducia nella magistratura, dal momento che quella sua opinabile tesi sembra tradire qualche titubanza in tal senso. Leggendo il post pubblicato sui social dallo scrittore, tuttavia, si comprende anche il tenore tutto ideologico di questa ennesima doglianza. "Giorgia Meloni, per giustificare l’incapacità tecnica dei suoi ministri, artefici di continui e ripetuti obbrobri giuridici, attacca la giudice (e non la sentenza, cosa che avrebbe potuto fare se solo avesse approfondito il caso o se qualcuno lo avesse fatto per lei) che ha applicato i principi incisi nella Costituzione e nelle Carte internazionali a tutela dei diritti fondamentali degli esseri umani", scrive Roberto, dimenticando però che sinora nessun provvedimento del governo ha subito contestazioni da parte del presidente della Repubblica, che è il vero garante della carta costutuzionale in questo Paese.

"Un attacco alla giudice - alla persona e non alla sentenza - è un atto gravissimo e pericoloso perché il messaggio di Giorgia Meloni è diretto a tutta la magistratura. Questo governo, nei suoi modi, dimostra sempre più di avere una attitudine intimidatoria e chi non se ne accorge lo fa per cecità o, più spesso, per interesse", ha proseguito Saviano, riversando l'ennesimo giudizio politico contro l'esecutivo. Poi l'auto-assist e il collegamento un po' audace col quale lo scrittore è arrivato a parlare dei fatti propri. Da mesi, infatti, Roberto stressa gli italiani con lamentazioni sul processo che lo vede contrapposto a Meloni, da lui appellata come "bastarda" - assieme a Salvini - durante una trasmissione tv. Ora che il procedimento sta per arrivare a un primo verdetto, l'autore di Gomorra ha colto l'occasione per ritornare sul tema.

"Il 12 ottobre una giudice del Tribunale di Roma dovrà pronunciare la sentenza di primo grado nel processo che mi vede imputato, dall’altra parte c'è Giorgia Meloni. La giudice dovrà stabilire se è possibile o meno esercitare il diritto di critica. Già di per sé è un obbrobrio che il potere giudiziario debba stabilire il perimetro entro cui è possibile criticare il vertice del potere esecutivo", ha premesso Saviano. E poi: "All’estero leggono chiaramente questa frizione tra poteri dello Stato, ma qui in Italia, a distanza ravvicinata, sembrava difficile accorgersene. Dopo ciò che è accaduto ieri, però, è tutto evidente, anche per gli stolti, soprattutto quelli per convenienza".

La chiosa finale raccoglie il senso dell'intero post: "Provate a mettervi nei panni di chi deve giudicare e di chi deve essere giudicato in un clima di intimidazione come quello che stiamo vivendo. Voi come vi sentireste se tra 10 giorni doveste essere sottoposti a giudizio e la vostra controparte è una persona che, approfittando della sua alta carica istituzionale, intimidisce chi deve giudicare sul vostro operato?".

Lo stesso però lo si potrebbe pensare anche a parti inverse, considerando che Saviano ha sin dall'inizio tenuto altissima l'attenzione mediatica sul caso, quasi a voler monopolizzare la voce sul procedimento in corso.

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