Comunali, scoppia il caso Pd: "Islamici radicali nelle liste"

L'accusa del centrodestra di Sesto San Giovanni: "Candidati esponenti con posizioni islamiche radicali". Roberto di Stefano: "Il Pd chiarisca ambiguità".

Comunali, scoppia il caso Pd: "Islamici radicali nelle liste"

A Sesto San Giovanni ha cercato rifugio (e trovato la morte) l'islamista Anis Amri, il terrorista che lo scorso dicembre a Berlino uccise dodici persone investendole con un camion lanciato sul mercato di Natale. Gli investigatori pensano che Amri avesse nella cittadella alle porte di Milano contatti, amici e il sostegno logistico necessario a portare a compimento il suo piano jihadista. E il Pd che fa? Non solo vuole aprire una mega moschea da 2.400 posti, ma candida nelle liste elettorali personaggi che - a quanto pare - sposano idee radicali.

Ad accorgersi degli scheletri nell'armadio dem è stato Roberto Di Stefano, candidato sindaco del centrodestra. Che è andato a spulciarsi i contatti e le condivisioni su Facebook dei musulmani arruolati dal Pd per la campagna elettorale. Facendo scoperte sconcertanti.

Nelle liste compare Bilal Daaou, esponente dei Giovani Musulmani d'Italia, un'associazione che non spicca certo per le sue posizioni moderate, con chiare derive anti Israele e che nel 2015 organizzò un incontro dal titolo "Integrazione? Non grazie. Convivenza pacifica". L'attività social di Daaou dice molto di lui: nel 2014 consiglia "vivamente" ai suoi follower la visione di un video di predicazione di Tareq Al Suiwaidan. Niente di strano, direte: è solo un sermone. Peccato che Al Saiwidan sia un riconosciuto predicatore islamico fondamentalista e sostenitore dell'espansione del Califfato islamico del jihad. Nei sui filmati di proselitismo online, l'imam di bianco vestito ha più volte negato l'esistenza dell'Olocausto ed è famoso per le sue posizioni antisemite. "Tutte le madri della comunità islamica - diceva - dovrebbero allattare i propri figli con l'odio verso i figli di Sion. Li odiamo, sono i nostri nemici. Dobbiamo istillare queto nei cuori dei nostri figli sino a che sorga una generazione che li cancellerà dalla terra". Non solo. Nell'aprile del 2009 si presentò in una cittadina francese e profetizzò la conquista di Roma da parte del Califfato, indicò Maometto come "modello per tutta l'umanità" e invitò i presenti a lavorare affinché un giorno si realizzi l'annuncio scritto negli hadith: la sottomissione dell'Urbe all'islam. Per questo, e tanti altri motivi, Al Sawaidan ha collezionato decreti di divieto d'ingresso in Regno Unito, Francia, Belgio e pure in Arabia Saudita. Un anno fa l'Associazione islamica italiana degli Imam tentò di invitarlo in Italia, ma dopo una rumorosa polemica l'allora ministro degli Interni Angelino Alfano gli impedì di mettere piede nel Belpaese.

A questo punto viene da chiedersi: il Pd sa che i suoi candidati "consigliano vivamente" di seguire un imam bollato come "predicatore d'odio"? Che spera nella distruzione di Israele e vuole la conquista di Roma? Forse al Partito Democratico di Sesto non interessa neppure che in altre occasioni Daaou abbia espresso il suo appoggio all'ex presidente egiziano Mohamed Morsi, leader integralista espressione dei Fratelli Musulmani, movimento-partito finito nella black list delle organizzazioni terroristiche. "Il jihad è la nostra via - è il motto della Fratellanza - morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza". Da domani diventerà pure il motto del Pd?

Chissà. Di certo c'è che, come fa notare Roberto Di Stefano, "sempre su Facebook Daaou condivide video degli Umma Mic, un gruppo rap che sulla questione palestinese cantano: "Partiamo dal principio che non è una guerra ma un genocidio". E invita i suoi contatti a partecipare a un convegno dei Giovani Musulmani in cui l'ospite d'onore era Hamza Piccardo, sostenitore del 'diritto alla poligamia'". E ancora: nell'agosto 2013 il candidato del Pd rilancia un post della madre, "evidente sostenitrice - dice Di Stefano - di chi considera l'11 settembre un complotto" e che "non crede alle armi chimiche usate da Assad" e le considera "un giusto pretesto per neocolonizzare il Medioriente". Sempre nel 2013 si scaglia contro il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, mettendolo tra i "sostenitori di regimi nazisti".

Ma le beghe del centrosinistra di Sesto non si fermano qua. Di Stefano infatti accende i riflettori anche su un altro candidato del Pd: l'egiziano copto Fayez Eissa. A colpirlo sono state alcune posizioni che sembrano piuttosto in contrasto con quelle del Pd. Nel novembre dell'anno scorso, per esempio, Fayez Eissa scrive un post con un'eloquente fotografia di Hillary Clinton in un water: "Hillary questo è il tuo posto giusto dopo la tua fondazione dell'Isis e il sostegno degli integralisti islamici. Al cesso della storia come Obama". Lo scorso aprile, poi, difende il leader siriano Bashar al Assad dagli attacchi internazionali. Allontanandosi, e non poco, dalle linea dettata dal segretario dem Matteo Renzi.

"Non possiamo accettare - tuona Di Stefano - che il Pd porti avanti tramite alcuni suoi rappresentanti, di area non proprio moderata nel mondo islamico, posizioni radicali e di sostegno a personaggi come Hamza Piccardo e soprattutto Al Suwaidan che rappresentano un islam estremista e dai pensieri molto preoccupanti". Quello che si sta formando a Sesto San Giovanni è per il candidato del centrodestra "un Pd dalle posizioni preoccupanti" che vuole a tutti i costi la grande moschea.

"Chiediamo immediatamente una presa di posizione forte dal Pd che proprio recentemente ha confermato in lista un consigliere che ha messo le mani addosso a una donna - conclude l'esponente di Fi - Siamo francamente preoccupati dalla deriva ideologica e dagli esponenti che propone il Pd nelle sue liste".

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