Elogio di Salvini. Sì, proprio elogio, come nella tradizione celebrativa ottocentesca. Incondizionato.
Stando all'estero, nell'italianissima Eritrea, senza internet, mi arrivavano segnali discontinui sull'andamento della crisi. Tutti perplessi e confusi, ma concordi su una cosa: Salvini ha sbagliato la mossa e scelto i tempi sbagliati. Interpretazione attribuita anche a voci non antagoniste come Giorgetti o i giornali di destra. Azzardo intempestivo e al buio: non un governo, ma una crisi balneare.
La controffensiva è aperta dalla vomitevole demagogia di Di Maio («non si dimette perché fa comodo avere l'auto blu e i voli di Stato mentre si fa campagna elettorale nelle spiagge»); e poi Pietro Grasso, il redivivo Rotondi, fino a Renzi che vuole uccidere il Pd per aiutare a sopravvivere i disperati dei Cinque stelle. E poi ancora i big grillini riuniti da Grillo che lo dichiarano «inaffidabile», Cangini di Forza Italia che lo accusa di «fallimento», la ministra Trenta, perfino Casini.
Non sono da meno i quotidiani. Il Fatto Quotidiano definisce Salvini «il mendicante», vede una Lega a pezzi e propone un sondaggio con tre elettori su quattro che vogliono naturalmente al governo M5s e centrosinistra. Non si sottrae il Corriere: «Salvini cerca una via d'uscita». Insomma abbiamo letto di tutto, abbiamo visto che l'incertezza di politici e commentatori si è scaricata su Salvini mostrandolo pentito e confuso. Doveva farlo prima. Non doveva farlo. Ha perso tutto. È finito. Oggi la tenera Alessia Morani saluta: «Quando esci dal ministero, mi raccomando, chiudi la porta e spegni la luce. Bacioni».
Non mi sono mai divertito tanto. Tutti i bambini piccoli che sono entrati ora in Parlamento e anche le vecchie volpi come Prodi, Bersani, Minniti e persino Feltri appaiono sconcertati e increduli per un gesto semplice (e universalmente condivisibile): dopo molta pazienza, Salvini ha capito che «con i Cinque stelle non si può governare». Provate per credere. Equivale al giudizio sul fascismo che Giancarlo Fusco, grande e dimenticato scrittore, attribuisce a D'Annunzio, il quale accompagnava in silenzio i suoi ospiti selezionati verso uno dei bagni sontuosi dei Vittoriale, e, indicando il water, esclamava: «Con la merda non si fabbrica». E su quello tutti convenivano, prima che Salvini, con onestà e risolutezza, lo dicesse, traendone le conseguenze. O era meglio litigare, annaspare nell'inconcludenza e fare finta di niente non facendo niente?
Nelle chat leghiste mai tanta incertezza dopo la decisione inevitabile e senza compromessi. Sono le menti deboli e opportuniste, per cui politica vuol dire calcolo. Salvini si è rivelato coraggioso e non opportunista. Mai visto prima. Gli italiani liberi hanno trovato un leader come loro, che dice e fa cose semplici, e che creando panico ha vinto in ogni caso: o riduce gli alleati all'obbedienza alle sue condizioni, o li costringe al suicidio futuro, con accordi disperati contronatura con Renzi. Con l'alleanza Pd-M5s avremmo due minoranze gonfiate per fare una maggioranza irreale, contro il bene e la volontà dell'Italia. Ci penserà poi il popolo, quando si voterà, scegliendo Salvini, ad annullare i due opportunisti: già conosciuti, già bocciati. I Cinque stelle hanno vinto all'opposizione e perso stando al governo: vogliono perdere ancora? Con il Pd? Vogliono sparire e continuare a morire? Cupio dissolvi.
Dunque Renzi, il più astuto, pensa di sostenere un governo con i 5 Stelle, magari non votando la sfiducia a Conte. Vuole il Pd di Zingaretti marginale e subalterno ai Cinque Stelle solo per ostacolare Salvini che, dalla coerenza, trarrà invece il maggior vantaggio politico. Renzi dimentica che la rappresentanza parlamentare dei Cinque Stelle è drogata, rispetto al peso reale, democraticamente accertato con le Europee. La realtà è che né ai 5 Stelle, né a Renzi il voto conviene, ma (ed è questo il paradosso) più lo rimandano e peggio sarà per loro.
Salvini domina con la linearità della sua posizione. Basta leggere i diversi linguaggi delle lettere scambiate con Conte: il premier sembra un politico consumato allineato con l'Europa; Salvini un soldato che crede alla battaglia. Conte cerca di essere elegante e imparziale, Salvini è brutale. Il non politico fa il politico, il politico fa l'impolitico. Uno vuole piacere, l'altro piace. È qui la sua forza, mai dominata dalla furbizia. È la logica di «uno contro tutti», dove il primo si fortifica nella contrapposizione con gli altri, che insieme non sono niente. Un vincente contro tutti i perdenti. Per questo, comunque finisca, Salvini vincerà. Non ha fatto calcoli, ha chiesto di votare subito. Ha sbagliato? Pagherà. Lasciate giudicare al popolo.
Semplicemente: Salvini ha rotto perché doveva rompere.
Al momento giusto. Al Senato, il suo discorso - l'unico vero - infiammerà l'Italia. Lo invidio. Vorrei essere al suo posto. È l'ora del coraggio, non del compromesso. Si vince soltanto rischiando di perdere tutto.Vittorio Sgarbi
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