Odio ad personam

Odio ad personam

Caccia all'uomo. Il nemico che i grillini vogliono abbattere è prima di tutti uno: Silvio Berlusconi. L'antiberlusconismo ossessivo non è una meteora, nel firmamento dei Cinque Stelle. L'odio per il leader di Forza Italia è una delle prime ragioni sociali del Movimento. E ora, alla vigilia delle elezioni siciliane e all'antivigilia di quelle politiche, con un Cavaliere sempre più forte, tirano fuori le loro vecchie cartucce. Ma la polvere da sparo ormai è bagnata.

Tutto è iniziato a metà degli anni Novanta, Berlusconi non aveva fatto in tempo a mettere un piede nell'arena politica che Grillo lo aveva già messo nel mirino. Prima lo faceva dai palchi dei propri show portando a casa una lauta ricompensa. Poi ha deciso di passare all'incasso elettorale. Lo ha dipinto come un imprenditore sull'orlo del crac finanziario (ma l'unica cosa che è fallita è stata la sua previsione), un capitalista senza scrupoli e un mafioso. Ma era solo l'inizio di una campagna contra personam che sarebbe proseguita per anni, passando dalle minacce agli insulti fisici, dagli auguri di sventure ai nomignoli dispregiativi. Un odio viscerale che dal copione del comico sarebbe poi entrato anche nei programmi del politico. Gli attacchi si fanno sempre più personali, morbosi e violenti.

Grillo è sempre in prima linea contro il leader di Forza Italia: nel 2002 porta in giro uno spettacolo di 150 minuti monopolizzato dalla figura del Cavaliere, nel 2003 aderisce a un'azione di boicottaggio contro i prodotti che fanno pubblicità sulle reti Mediaset. Lo scopo? «Difendere la libertà di informazione». Danneggiando un'azienda che offre occupazione a migliaia di persone. Ma era l'Italia dell'antiberlusconismo con la bava alla bocca, del nemico da abbattere a tutti i costi. Quando può, Grillo si accoda a tutte le manifestazioni anti Cav da piazza Navona al Popolo viola, e se ha bisogno di una platea maggiore va in tv, dal suo amico Santoro. Il giorno in cui il Cavaliere viene condannato in via definitiva il leader dei Cinque Stelle brinda «a un evento storico come la caduta del muro di Berlino». Si sa, lui ama sconfiggere i nemici per via giudiziaria più che elettorale.

È un'ossessione ai limiti dello stalking. Grillo odia Berlusconi e tutto quello che fa riferimento a lui. A partire da Fininvest: nel 2004 scrive su Internazionale che il colosso di Cologno Monzese ha accelerato il declino del Paese. Non si sa su quali basi. Ma non c'è da stupirsi: Grillo è anche quello che diceva che l'Aids non esiste e che i vaccini sono inutili. Nel 2012 viene condannato per diffamazione a risarcire 50mila euro al Biscione.

Ma la persecuzione verso il patrimonio della famiglia Berlusconi (e non solo, nel sedicente francescanesimo grillino i ricchi sono tutti dei pericolosi nemici) arriva anche nella prima bozza del programma dei pentastellati sull'informazione, nel quale è scritto nero su bianco che con un loro ipotetico governo non potrà esistere nessun canale televisivo nazionale posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato con più del 10 per cento. Vi viene in mente qualcuno in particolare? Ecco, appunto. Praticamente un esproprio di Stato. Una misura sartoriale fatta per spegnere Mediaset. E poi - insulto dopo minaccia - arriviamo fino agli ultimi mesi, con il tentativo di far fuori Berlusconi dalla vita politica con un emendamento ad hoc da infilare nel Rosatellum.

Per chiudere con la ridicola indagine, aperta a Firenze, sulle stragi di mafia, che ricalca uno dei refrain grillini e porta in calce la firma di Nino Di Matteo, amico e grande ispiratore del Movimento 5 Stelle. E siamo solo all'inizio di una lunga campagna elettorale.

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