Il processo per la presunta trattativa Stato/mafia non ha indicato nessun fatto concreto, né per il generale Mori, di cui non sono stati identificati i mandanti istituzionali, né per il senatore Dell'Utri. In compenso, la sentenza definitiva per cui è ora in carcere dice che Dell'Utri non ha avuto certamente rapporti con la mafia dopo il 1992.
È invece inconfutabile che il pm Di Matteo e i magistrati antimafia non abbiano cercato la mafia nella «trattativa» che ha portato alla devastazione sistematica della Sicilia attraverso i parchi eolici. Ne sono annunciati altri 13, con un montepremi di 6.6 miliardi di euro. La materia è nota ai magistrati perché, nelle dichiarazioni intercettate di Riina, con le minacce di morte per Nino Di Matteo, c'era la chiara denuncia sull'attività prevalente, proprio nelle energie rinnovabili, di Matteo Messina Denaro. Perché si è fatto tanto rumore e si è data tanta risonanza a quelle minacce e non si è seguita la traccia indicata da Riina, lasciando che, ancora oggi, la mafia trionfi sul paesaggio siciliano?
Eppure la pista è facile. All'assessorato all'Energia ha dato le autorizzazioni un funzionario, Tuccio D'Urso, forse all'insaputa dell'assessore Pierobon, e certamente della giunta.
Dopo le polemiche sulle mie presenze, posso affermare che, finché sono stato in carica, l'argomento non è stato mai posto all'attenzione della giunta. Il Presidente Musumeci intervenga adesso, mentre magistratura e 5 Stelle tacciono.
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