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Il vizio della cresta

L'ondata di aumenti dei prezzi, soprattutto carburanti e trasporti, di questi primi giorni del 2023 ha colto di sorpresa molti italiani che pensavano di "aver già dato" nel corso del 2022.

Il vizio della cresta

L'ondata di aumenti dei prezzi, soprattutto carburanti e trasporti, di questi primi giorni del 2023 ha colto di sorpresa molti italiani che pensavano di «aver già dato» nel corso del 2022. E che invece si sono ritrovati nel tunnel dell'inflazione. Il dato appena uscito sulla crescita tendenziale dei prezzi al consumo di dicembre in Italia, +11,6%, è stato l'unico in Europa a non registrare un calo significativo. E si confronta con il +5,9% in Francia, +8,6% in Germania, e +5,8% in Spagna. Siamo di gran lunga i peggiori. Per questioni legate alle alte tariffe del mercato regolamentato dell'energia, che sono assai rigide, gli italiani stanno pagando i prezzi più alti, ancorché destinati a riallinearsi, dicono gli esperti. Sta di fatto che, a una congiuntura particolarmente nera, in questi giorni si aggiunge il carico delle benzine impazzite.

Colpa delle ultime accise che il governo ha reintrodotto: sono 18 centesimi al litro di verde o diesel. Ma qui sorge il dubbio: com'è che fino a dicembre si trovava il diesel a 1,65-1,75 euro al litro, e adesso si legge che sulla Milano-Roma si va verso i 2,50? Certo, un conto è il prezzo «self service» della strada statale e un altro quello del «servito» in autostrada. Ma il dubbio che qualcuno ci stia marciando non lo ha sollevato un passante, bensì il ministro dell'Energia in persona, Gilberto Pichetto: «Se i carburanti superano i due euro al litro è speculazione», ha detto. Nelle stesse ore il Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, dopo aver ricordato che l'inflazione 2022 è stata certificata a +8,1%, ha denunciato l'aumento del 12,5% delle commissioni applicate della piattaforma di prenotazioni Thefork. E, ancora, Milano Finanza ci informa che le banche hanno mediamente aumentato i costi dei conti del 7% rispetto a un anno fa, senza tornare a remunerare le giacenze. Il che, considerando l'aumento dei tassi d'interesse di questi ultimi mesi, nell'ordine di almeno il 2%, è addirittura beffardo.

Gli esempi potrebbero continuare. E il dato politico è che il governo non può restare a guardare. Sulle accise ha fatto una scelta precisa, rivendicandola e calcolandone i rischi. Ora deve essere pronto a gestirli. È indispensabile far sentire i cittadini tutelati, attraverso attenzione, controlli e autorevolezza nei confronti degli anelli deboli delle catene di approvvigionamento. Magari ricordando cosa accadde in Italia quando, passando dalla lira all'euro, si crearono zone d'ombra e aumenti selvaggi dei prezzi.

Le condizioni attuali sono per certi versi paragonabili a quelle di 21 anni fa: come accade tutte le volte che l'economia si trova ad affrontare una fase complessa e inesplorata, a pagare il prezzo più alto sono sempre i più deboli.

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