Hegel era il nome dell'ultimo album di Lucio Battisti, uscito nel 1994. Ed è forse l'ultima traccia fuori dalla cerchia degli studiosi del grande filosofo tedesco che fu croce e delizia del Novecento. A Hegel, infatti, si risale quando si cerca il Padre spirituale degli Stati totalitari e dello Stato come Dio in terra, che fu il sogno in rosso e in nero del Novecento. O riportandolo al suo tempo, parte con lui la genealogia dello Stato potente che poi diventerà onnipotente.
Hegel diventa a torto o a ragione il filosofo di Napoleone, perché lo ritrae a Jena come lo Spirito del Mondo a cavallo. L'Eroe, il Grande, l'Io Trascendentale che realizza il primo grande Stato centralista moderno. Poi la lezione di Hegel discende dal pensiero all'ideologia e dalla filosofia alla storia. E dal versante sinistro sorge Marx, dal versante destro l'hegelismo fiorisce in Italia: Spaventa e poi Gentile. Non va certo dimenticata la lezione di Fichte, ma è a Hegel che comunemente si attribuisce l'identificazione dello Stato con Dio in terra. Qualcuno, ancora più radicale, fa risalire - è il caso di Popper - la pulsione totalitaria a Platone, visto come una specie di Hegel dell'antichità. Dimenticando che la follia totalitaria è proprio nel tradire Platone e costringere il cielo in terra: le idee platoniche risolte nella storia generano «paradisi infernali». Ma la matrice degli Stati totalitari è nello spirito giacobino della Rivoluzione francese più che nelle lezioni hegeliane. C'è più Rousseau che Hegel, pur da giovane entusiasta della Rivoluzione e poi maturo difensore dello status quo. L'ultimo Hegel apparso nel '900 aveva gli occhi a mandorla del nippo-americano Francis Fukuyama, che riprendendo l'Hegel di Kojève, decretava nel 1989 la fine della Storia. Caduto il Muro di Berlino e ogni antagonista globale all'Impero Usa, si realizzava la profezia hegeliana e moriva al tempo stesso la teofania storica dell'hegelismo. La Storia come divinità è finita ed Hegel muore con lei.
Ma dalle ceneri della storia rinasce un nuovo, inedito, sorprendente Hegel. Non più legato all'idea di Stato, al Dio che si fa Storia, ma alla tradizione ermetica, fino a scorgere le radici magiche e occulte dell'idealismo moderno. Non è l'Hegel redivivo di Slavoj Zizek, che a suo parere «ci salverà» e che resta dialettico ispiratore del materialismo. Ma l'opera in questione è di uno studioso americano di filosofia, Glenn Alexander Magee, e arriva ora in edizione italiana nel ponderoso volume Hegel e la tradizione ermetica (Edizioni Mediterranee pagg. 327, euro 24,50) a cura di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, con un'introduzione di Massimo Donà in sostanziale sintonia con la tesi di fondo del libro. Il titolo è originale, non è tradotto ad hoc per i lettori di Julius Evola che nelle stesse edizioni trovano la sua opera completa. L'Hegel Mago che ne esce, in effetti, ha qualche somiglianza con Evola. Magee allinea nella sua ampia ricerca molti elementi per sostenere che Hegel è un pensatore ermetico: egli avrebbe sostituito il filosofo col sapiente e la filosofia con la teosofia, facendo tesoro della Kabala, dell'Alchimia, dei Rosacroce, della Gnosi e del filone ermetico, da Ermete Trismegisto in poi, in una linea ampia che va da Meister Eckhart a Böhme, da Agrippa a Lullo e a Paracelso, da Pico della Mirandola a Giordano Bruno, fino all'occultismo e allo spiritismo, all'astrologia e all'esoterismo della Massoneria. Hegel si riferisce a una Chiesa Invisibile nei suoi carteggi con Schelling e con Hölderlin. Non dimentichiamo che l'epoca di Hegel è romantica, l'età di Novalis ma anche di Mesmer; filosofia e magia s'intrecciano. E la sua opera centrale, in questo senso, è la Fenomenologia dello Spirito.
La tesi, pur suggestiva, e non priva di riferimenti fondati, è però forzata. Hegel è più figlio del romanticismo che dell'illuminismo ma da qui a considerarlo un pensatore che si fonda sull'occulto, sull'idealismo magico o sulla tradizione ermetica, ce ne corre. In realtà Hegel si concepisce, prima che come filosofo, come riformatore religioso nella convinzione - che accomunerà larga parte dell'idealismo, fino a Gentile - che la religione sia una specie di stadio infantile, immaturo, di una Filosofia dello Spirito. Da riformatore religioso Hegel concepisce la filosofia come la continuazione della religione cristiana con altri mezzi storicamente e razionalmente più fondati e più maturi. Anche lo Stato e la politica si realizzano alla luce della Riforma religiosa della filosofia. Se vogliamo, il riferimento più pertinente è a Gioacchino da Fiore e alla sua teoria delle Tre Età, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Alla logica trinitaria è improntata tutta la filosofia hegeliana e all'avvento dell'età dello Spirito Santo è rivolta la tensione escatologica del suo storicismo.
Nel suo itinerario verso l'Età dello Spirito, Hegel convoglia saperi vari e tradizioni diverse. La tradizione cristiana innanzitutto, poi la tradizione ellenica coi misteri di Eleusi e la sapienza platonica e presocratica, quindi i filoni sommersi della tradizione ermetica e del pensiero magico. E magari negli anni giovanili l'influenza dell'esoterismo massonico. Ma è forte in lui l'impronta del pietismo svevo, di matrice cristiana, incessante è il confronto con Gesù a cui dedica da giovane una biografia, permane l'impianto storico-temporale lineare, che deriva dall'escatologia cristiana. Qualcuno troverà inquietante l'assonanza tra il Terzo Regno dello Spirito e il Terzo Reich (Regno, appunto). Ma l'idea di un Dio che si fa nella storia sorge dalla visione provvidenziale della teologia cristiana fino a configurarsi come sua eresia. L'Astuzia della Ragione è la versione hegeliana della Divina Provvidenza. Egli traduce il dogma della Trinità in Teoria dello Spirito. (Alla Trinità e alla sua traduzione hegeliana in filosofia, lo stesso Donà dedica un dialogo con Piero Coda, Pensare la Trinità, ed. Bompiani). Il compito che Hegel si assegna è riunire la filosofia e il sentire comune in una nuova religione fondata sulla storicizzazione e l'umanizzazione del Divino. L'eresia di Hegel secolarizza il Cristianesimo. Ma Hegel resta cristiano e professore, non mago o esoterista. S'ispira più a Lutero che a Paracelso.
E tuttavia il testo di Magee ha il merito di riaprire nuove frontiere nella comprensione di Hegel.
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