Economia

Stop dell'Avvocatura ai progetti di Sorin per «colpa» della Snia

C'era una volta la Snia, gioiello della chimica italiana e grande produttore di rayon, la seta artificiale resistente ed economica che spopolò nel Dopoguerra. Oggi quell'azienda è diventata una sorta di «zombie» che rischia di far saltare un matrimonio da almeno 2,4 miliardi di euro. È questo, infatti, il valore dell'operatore globale di tecnologie medicali (battezzato LivaNova) che nascerebbe dalla fusione fra la Sorin e il gruppo americano Cyberonics, quotato al Nasdaq.

Di mezzo però si è messo lo Stato italiano, attraverso la sua Avvocatura, secondo cui questa fusione internazionale punta a «salvare» Sorin dalle responsabilità contestate alla sua ex capogruppo Snia per il presunto inquinamento ambientale nei terreni circostanti provocato dai tre siti produttivi di Brescia (dove aveva sede la controllata Caffaro), Torviscosa (Udine) e Colleferro (Roma). L'atto è stato notificato alla Sorin, oggi controllata dalla finanziaria Mittel e dal fondo Equinox Two, lo scorso 24 luglio, ma la battaglia legale risale al 2013 quando il ministero dell'Ambiente calcola che tra danni ambientali e costi per le bonifiche delle aree coinvolte il conto sia quantificabile in 3,4 miliardi. Soldi che la vecchia Snia, in amministrazione straordinaria dal 2010, non ha.

Sette anni prima la Hopa di Emilio Gnutti aveva acquisito la maggioranza dell'azienda per poi, nel 2003, separare le attività nel settore chimico da quelle nel biomedicale, conferite appunto a Sorin. Su quella scissione era stata anche aperta, nei confronti degli ex amministratori un'inchiesta per bancarotta. Lo scorso anno il gup del tribunale di Milano, Vincenzo Tutinelli, ha però respinto tutte le richieste di costituzione di parte civile nel procedimento sul crac Snia. Tra cui quelle del ministero dell'Ambiente.

Secondo Sorin e Cyberonics la mossa dell'Avvocatura in qualità di creditore (ipotesi anch'essa discutibile, secondo i legali di Sorin) dimostra un'«incomprensione sostanziale della struttura e degli obiettivi dell'operazione, nonchè della regolamentazione italiana ed europea applicabile a questo tipo di operazioni». Un portavoce del gruppo ha poi detto che la società è fiduciosa di vincere il contenzioso legale, ritenendo la richiesta «priva di merito giuridico». L'azienda non si attende, dunque, un impatto sostanziale sulla tempistica della fusione che è attesa entro la fine del terzo trimestre di quest'anno. A Piazza Affari il titolo Sorin ha però accusato il colpo chiudendo in calo del 4,68% a 2,64 euro con scambi sostenuti.

Per gli analisti di Berenberg la vicenda è negativa ma risolvibile: «Chiaramente questo getta un grado di incertezza sull'operazione e porterà a una certa volatilità dei titoli. Il nostro scenario base resta che le nozze siano solo rimandate di qualche mese e che Sorin probabilmente chiuderà la controversia».

Il broker è, inoltre, convinto che lo Stato non punti tanto a impedire l'operazione quanto a usarla come strumento per arrivare a un veloce accordo economico che sarebbe comunque «modesto». E se invece si trattasse solo di ottusità burocratica?, si chiedono altri operatori. Mentre il promesso sposo aspetta a un passo dall'altare e lo Stato suona una marcia nuziale «stonata» per il mercato.

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