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E l'Italia Spa al Cairo ha di nuovo paura

Lo spettro della bancarotta aleggia sull'Egitto e fa tremare buona parte dei big player dell'Italia Spa. Da Eni a Intesa Sanpaolo, passando per Italcementi, Telecom, Edison, Piaggio, Pirelli, Danieli e Ansaldo, sono moltissime le società italiane che dal degenerare della crisi del Cairo avrebbero molto da perdere.
L'onda lunga delle violenze a piazza Tahrir non travolgerebbe solo gruppi quotati, ma anche alcune tra le più note medie imprese che hanno contribuito in questi anni a fare dell'Italia il primo partner commerciale europeo dell'Egitto: tra queste Fs, Mapei e Marzotto sono solo la punta dell'iceberg. E se per ora le singole società interpellate da il Giornale non dichiarano significative complicazioni - come quelle che in occasione della «Primavera araba» del 2010-2011 costrinsero a interrompere la produzione e rimpatriare il personale - il sintomo del degenerare della situazione sta anche nel brusco stop imposto ai rapporti di cooperazione economica. È notizia di ieri, infatti, la decisione di annullare il Forum Italo-Egiziano «Un ponte di cooperazione tra l'Europa e il mondo arabo» organizzato da Confindustria Sicilia, Commissione Ue e Regione Sicilia, che sarebbe dovuto andare in scena a Palermo il 4-5 luglio.
Tornando ai business italiani in Egitto, una delle società più esposte al Cairo è Italcementi. Il gruppo della famiglia Pesenti ha in gioco nel Paese il 13% dei ricavi con 5 cementerie e 20 impianti di calcestruzzo attivi. Secondo gli analisti, nella migliore delle ipotesi, il gruppo subirà comunque l'impatto legato alla revisione dei prezzi sovvenzionati che il governo egiziano ha storicamente offerto ai cementifici italiani. Tra le aziende italiane in loco, che operano sia attraverso investimenti diretti sia partecipando ai grandi progetti di sviluppo attuati dalle autorità egiziane, figurano anche due big player dell'energia. Eni, che è il principale operatore petrolifero straniero nel Paese, vanta una presenza consolidata da oltre 50 anni e nel 2012 ha prodotto idrocarburi per 235 mila boe/giorno, il 14% della produzione annuale di idrocarburi. Il gruppo, tuttavia, opera in aree periferiche del Paese e al momento non avrebbe problemi di produzione.
Quanto a Edison, ha in corso attività di sfruttamento di giacimenti di gas e petrolio sulla costa mediterranea attraverso una joint-venture da 3 miliardi di dollari con l'Egyptian Petroleum Company. Dall'energy alle banche, Intesa Sanpaolo è tra primi investitori italiani del Cairo dove, nel dicembre 2006, ha acquistato per 1,6 miliardi l'80% del capitale della Bank of Alexandria.

Sul fronte industriale, Pirelli produce pneumatici per autocarri dal 1990; Ansaldo Energia (Finmeccanica) ha in corso un contratto da 40 milioni con la Cairo Electricity Production, società dell'ente elettrico governativo, per produrre delle turbine elettriche e Danieli ha un contratto da 70 milioni per la costruzione di un impianto greenfield a Beni Suef. Insomma, alle imprese italiane non resta che sperare che la fiammata registrata ieri dalla Borsa del Cairo (+ 4,9%) non sia un'eccezione.

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