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"Denunciamo il governo italiano". La follia della Ong Sea Eye

La Ong tedesca, dopo il fermo della loro nave ad agosto, sfida il governo in tribunale e ha dichiarato che le leggi italiane sull'immigrazione sono funzionali alla propaganda di destra e alla criminalizzazione delle organizzazioni umanitarie

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Il braccio di ferro tra il governo Meloni e le navi delle Organizzazioni non governative (Ong) continua. Dopo che il governo tedesco era stato scoperto effettuare finanziamenti alle Ong operanti nel Mediterraneo, la Sea Eye, organizzazione umanitaria teutonica tra le più attive nel trasporto di clandestini, ha deciso di fare causa al governo dopo l’ultimo fermo della loro nave avvenuto il 23 agosto scorso, perché avevano infranto la normativa sui salvataggi in mare. La Ong tedesca ha effettuato tre salvataggi invece di tornare indietro dopo il primo così come prevede il “Decreto Ong”, approvato a febbraio 2023, che ha introdotto nuove regole per il salvataggio dei migranti in mare da parte delle navi delle Organizzazioni non governative. Per non avere rispettato la legge italiana, la nave è stata sottoposta ad un fermo di 20 giorni e al pagamento di una multa di 3.333 euro. La Ong, per giustificarsi ha dichiarato che "C'erano persone prive di sensi sulla terza barca. Non salvarli li avrebbe lasciati da morte certa: una violazione del diritto internazionale. La legge italiana è illegale e serve in primo luogo a uno scopo: alla propaganda di destra. Ciò non impedirà le traversate e il risultato sarà un maggior numero di morti".

La Ong ha anche minacciato di voler denunciare e violare qualsiasi legge che metta in pericolo la vita delle persone in cerca di protezione e contraddica il diritto internazionale, elevandosi al ruolo di giudice che non compete alle organizzazioni private che dovrebbero attenersi al rispetto delle leggi di uno Stato sovrano.

Il Decreto Ong

Il provvedimento, fortemente voluto dai ministri Piantedosi e Salvini, ha introdotto un codice di condotta per i soccorsi in mare delle Ong. Il testo prevede che, non appena effettuato un salvataggio, le navi comunichino alle autorità del loro Stato di bandiera e al centro di coordinamento competente – e quindi spesso all’Italia, il porto sicuro più vicino per i migranti che partono dal Nord Africa – le dinamiche del soccorso e la richiesta dell’assegnazione di un porto di sbarco, che dovrà essere raggiunto immediatamente, ma lo sbarco dei naufraghi non necessariamente deve avvenire in quello più vicino.

Le navi delle Ong possono essere indirizzate anche verso porti più lontani dal punto in cui hanno salvato i migranti, rendendo più difficile la possibilità di effettuare altre operazioni di soccorso. L’obiettivo è quello di decongestionare gli scali marittimi siciliani, evitando di trasportarli da Sud a Nord a spese dello Stato tramite altri mezzi. Il provvedimento prevede che, una nave delle organizzazioni umanitarie, dopo aver effettuato il salvataggio deve immediatamente dare inizio a tutta la trafila senza poter tornare indietro a prendere altri disperati.

La misura ha anche individuato alcune sanzioni nel caso di violazione delle procedure. I comandanti, i proprietari e i gestori delle navi che violano le norme potranno ricevere una multa fino a 50 mila euro. Può essere imposto il fermo amministrativo della nave fino a due mesi a spese dell’armatore. Se la stessa nave dovesse violare più volte le norme, può essere confiscata. Se il comandante o l’armatore non forniscono alle autorità nazionali le informazioni richieste può essere applicata una multa fino a 10 mila euro e il fermo amministrativo della nave per 20 giorni.

Il fermo

La nave della Sea Eye, tra il 17 e il 18 agosto, aveva soccorso 114 migranti con tre operazioni consecutive nelle zone Sar libiche e maltesi. L'equipaggio aveva detto che nessuna delle tre imbarcazioni era riuscita a raggiungere un luogo sicuro e la terza imbarcazione, avvistata il giorno 18, trasportava quattro persone prive di sensi. Per la nave si trattava già del secondo fermo, dopo quello avvenuto a giugno, e già all’epoca il comandante della nave, Gorden Isler, era entrato in polemica con il governo e la legge Piantedosi: "È importante tenere presente che questa legge è stata scritta esclusivamente per le organizzazioni di soccorso in mare.

È contraria al diritto internazionale, che obbliga un capitano a soccorrere le persone in pericolo in mare".

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