È guerra tra Fatto e Repubblica sugli influencer che aiutano Grillo

Per Repubblica in 10 "manipolano" un milione di persone. Ma per il quotidiano di Padellaro sono tutti personaggi del non-partito: non possono convincere un non grillino a votare M5S

È guerra tra Fatto e Repubblica sugli influencer che aiutano Grillo

Il M5S di Palermo, il giornalista Claudio Messora, Il M5S nazionale, il sito Cado in Piedi, il candidato siciliano alle regionali Giancarlo Cancelleri, il consigliere emiliano Giovanni Favia, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, il M5S di Roma, il consigliere milanese Matteo Calise e il M5S di Firenze. Sono questi secondo Il Fatto quotidiano i dieci influencer "sguinzagliati" da Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio per convincere gli italiani a votare il MoVimento 5 Stelle. Solo dieci persone in grado manipolare l'opinione di chi li legge. Dieci persone che modificano il pensiero di un milione di potenziali elettori, secondo quanto ha rivelato ieri Repubblica. Se per il quotidiano di Mauro, insomma, questi dieci sono quasi pericolosi manipolatori, quello di Padellaro smonta le teorie complottistiche.

E se sono queste le persone capaci di cambiare i nostri comportamenti... Innanzitutto non possono influenzare un milone di persone. E non solo perché probabilmente questi dieci personaggi avranno "followers" in comune, ma anche perché parlano a "audience" simili anche per sensibilità, se non solo a chi è già seguace di Grillo. Insomma, se davvero esistono questi influencer, non si tratta di personaggi esterni al non-partito (come supposto da Repubblica) ma di persone naturalmente già coinvolte in "una grande operazione di visibilità, un modo perché porta gli utenti si imbattano nei temi del M5S. Un primo passo, perché si interessino a questi argomenti e magari decidano di votare", ci dice Piero Tagliapietra, studioso di influenza e social media, che ci spiega anche cosa si intende per influencer nel mondo del marketing: "In America è una persona con un ampio seguito, mentre in Italia si tende a definirla in grado di influenzare gli altri. Ma è un termine ombrello che copre molti ruoli".

Al di là dei numeri, la mossa di Casaleggio altro non è infatti che una tecnica già usata da molte aziende. Chiunque abbia un amico blogger o minimamente "smanettone" saprà che spesso le società organizzano incontri o eventi per interagire con le persone più attive sulla rete e sui social network, a volte con l'intento (o forse più con la speranza) di far parlare, possibilmente bene, di un marchio o di un prodotto. Un modo per costruire la propria reputazione, insomma. E sul tema degli influencer il "guru" del M5S più volte si è espresso, come dimostra questo video del 2009.

"Il sogno degli uomini-marketing è avere un numero che dica chi è più influente degli altri", spiega il tecnologo Marco Zamperini. E Klout fa proprio questo: assegna un ranking, un numero a chiunque sia iscritto a un social network. Solo che si tratta di un algoritmo quantitativo e non qualitativo. "A me né Grillo, né Casaleggio stanno simpatici, ma non sono stupidi. Sarebbe troppo facile", continua Zamperini, "Pensando a un'iniziativa politica immagino ci siano altri metodi, magari basati sulla propria rete di relazioni. Se devi fare il gruppo dei 10 apostoli di un politico andrai a pescare tra quelli che sono già noti come influenzatori amici. Magari usi anche Klout, ma tenderei a escludere che la scelta passi solo da un algoritmo".

Dello stesso parere Marco Camisani Calzolari, colui che a luglio "smascherò" i finti followers di Grillo e degli altri politici: "Da un po' di anni è pratica comune sia da parte dei politici che delle aziende. Non ho dubbi che l'abbiano fatto anche loro. Del resto anche io ne sono stato vittima a luglio". Anche per il docente universitario non convince però il metodo: "Non è che questi strumenti non servano a nulla, ma misurano una serie di dati che non necessariamente sono in grado di indicare quanto una persona è influente. Secondo me non è stata l'agenzia di Casaleggio a citare Klout". Da anni, Camisani Calzolari si occupa di comunicazione digitale e da anni si scaglia contro il reale valore dei social network che sono "fortini" in cui le energie si disperdono e che non permettono una vera interazione con i propri utenti. Molto meglio, quindi, una piattaforma propria come la "Dashboard" di Obama. E molto meglio, anziché andare a cercare gli influencer con algoritmi quantitativi, selezionarli "tra quelli che naturalmente sono affini ai temi trattati ad esempio da Grillo (che non sono tutti populisti), facilmente identificabili con i vecchi sistemi come i motori di ricerca".

Eppure dieci persone continuano a sembrare pochi, troppo pochi per spostare davvero voti. "Dieci persone con ampio seguito che fanno in modo che i loro contenuti vengano condivisi e diffusi possono rappresentare effettivamente un piccolo mass media", spiega Piero Tagliapietra, "Ma tenderei a escludere che dieci persone propense a condividere le idee del M5S possano davvero influenzare gli altri utenti, soprattuto di chi non è già interessato al MoVimento". Categorico anche Camisani Calzolari: "Assolutamente no: non lo fanno in quel modo, ce ne vogliono a pacchi, ci vuole un esercito anche in termine di ruoli, che non agiscono solo online. E oggi la tecnologia ce lo permette". Banalizzando, spostare il voto di qualcuno non è come fargli acquistare una merendina.

Quel che sembra certo, però, è che Casaleggio e Grillo stiano facendo di tutto, anche con mezzi tipici del marketing, per sedurre soprattutto indecisi e il cosiddetto "partito del non voto". In che modo non è ancora chiaro.

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