Vorrei parlarvi di Berlusconi dopo la sentenza-killer. Non preoccupatevi, non dirò nulla in merito al suo proclama e alla loro condanna doppia, non dirò una parola del suo attacco a Monti e della definizione di Berlusconi come delinquente abituale. Le parole parlano da sole, in tanti hanno già detto tutto.
E io per una volta non esprimerò un giudizio ma azzarderò una previsione. E che previsione. Dirò una cosa con tono vago e allusivo ma non minatorio: non finirà con dolce inavvertenza, l'epoca berlusconiana.
Non finirà come era finito, con un mesto saluto, con parole soft di circostanza e una rimozione totale questo corto ma intenso ventennio. Corto perché in realtà furono diciott'anni, e solo la metà di Berlusconi al governo. Ma intenso, intensissimo, se si considera da che guerra civile veniamo.
Non era immaginabile che tutto finisse così, come in un autunno qualsiasi, con un cambio di governo e una stanca querelle sulle primarie e gli spacchettamenti. Di Berlusconi una cosa abbiamo imparato, tutti: non è un politico algido ma un leader a sangue caldo. È l'unico leader di questa Repubblica che abbia suscitato amori e odi viscerali, aggressioni al sangue, esaltazioni e vituperi da medioevo. È un monarca, nel bene e nel male, ha un forte senso del suo regno e non del partito o del Paese a prescindere dal suo trono.
Perciò la fine del suo ciclo avverrà con una fiammata, sua o nemica, punitiva o reattiva, giudiziaria o autolesionista.
C'è qualcosa di tragico e di sacrificale nell'aria. Certo non finisce con la sigla di chiusura.
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