Il cancro sconfitto a parole

Abbiamo cancellato il cancro. E come? Abolendo il nome e chiamandolo con altro nome

Il cancro sconfitto a parole

Abbiamo cancellato il cancro, annuncia al mondo il National Cancer Institute e da noi su la Repubblica esulta pure il professor Umberto Veronesi. E come? Abolendo il nome e chiamandolo con altro nome. Invece di cancro o carcinoma, Veronesi suggerisce di chiamarlo neoplasia intraduttale. Il male resta ma viaggia sotto falso nome che agli scienziati sembra più ridente. Capisco le buone intenzioni e il sollievo psicologico che si vuol dare ai malati e ai loro famigliari. Le parole hanno il loro peso. Ma cambiar nome al male non vi sembra una tragica presa in giro? Che facciamo, chiamiamo il cancro col nome più vezzoso di granchietto, rendiamo il carcinoma col nome più tenero di carciofino? E l'infarto lo chiamiamo per farlo più innocente bua al cuoricino? Ma se il fine è addomesticare la bestia nera dell'angoscia, perché allora non dar via libera a riti magici e pratiche esorcistiche? Perché non avvalersi negli istituti dei tumori di megere e illusionisti, spacciatori di placebo e pozioni magiche; perché non favorire gli ex voto e i pellegrinaggi alle fonti miracolose? Se si tratta di alleviare l'angoscia, queste pratiche sono già testate da millenni, e sono più efficaci e rasserenanti di una parola oscura come neoplasia.

Al di là delle lodevoli intenzioni, dietro questa mutazione lessicale s'intravede l'ipocrisia del clinicamente corretto, che non potendo cambiare la realtà la riveste con un velo dorato come già accade con i non vedenti e i diversamente abili. Ma non si diventa immortali abolendo la parola morte.

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