Il diritto di essere ancora di destra

Ma cosa dovrebbero fare quelli di destra, legarsi una pietra al collo e buttarsi a mare?

Ma cosa dovrebbero fare quelli di destra, legarsi una pietra al collo e buttarsi a mare? Ingrillirsi, impadanirsi, irrenzirsi, neoberlusconizzarsi? Dovrebbero suicidarsi per seguire anche nella sventura il loro leader, muoia la destra con tutti i finistei?

Non voglio far polemiche né coi fratellini d'Italia né col fiuggi fiuggi dalla destra. E nemmeno mettermi a dire che così si fa il gioco di qualcuno; ormai i giochi sono finiti e l'età dei giochi pure. Mi limito a dire che la scelta è tra il nulla e chi invece pensa che sia meglio qualcosa piuttosto che il nulla. Meglio il nulla meno meno che il nulla e nulla più. Poi si può essere severi, e giustamente, sulle scelte e sulle stature, sugli errori commessi al potere e rivendicati pure oggi, sulla paura di scommettere tutto sul formare una nuova destra di domani.

Ma non si può chiedere a quelli di destra l'eutanasia collettiva per espiare, facendo sparire del tutto i temi della sovranità nazionale e della tradizione.

Su Fini mi limito a una diagnosi asettica del suo errore politico: dichiarò guerra nello stesso tempo alla sua destra in tutte le sue anime e a Berlusconi che l'aveva portato a Palazzo. Pensò di disfarsi della prima e sfasciare il secondo. Avrebbe potuto fare una delle due cose, ma mai aprire due fronti insieme.

Fu questa la

sua presunzione, che bastasse lui, perché pensava che Berlusconi sarebbe finito e che lui, Fini, da solo valesse più della sua destra, di cui si riteneva prigioniero politico. Ma erano i suoi polmoni e non le sue catene.

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