La stampa lo critica dicendo che ha fatto poco o nulla? Donald Trump rilancia, e alla vigilia dei suoi 100 giorni alla Casa Bianca, gonfia il petto e osserva: "Mai nessuno ha fatto tutto quello che abbiamo fatto noi". Il commander-in-chief rilascia questa dichiarazione in occasione della firma dell’ordine esecutivo per espandere le trivellazioni off-shore, anche nell’Artico, dove erano state messe al bando dall’amministrazione Obama. "In questo modo daremo la possibilità di creare centinaia di migliaia di nuovi lavori ben pagati", ha detto firmando i documenti. Il vicepresidente Mike Pence ha aggiunto: "L’energia è stata il nostro obiettivo sin dal primo giorno e posso dire che la guerra contro il carbone è finita".
Solo pochi giorni fa, in un tweet, Trump aveva definito "ridicola" la soglia dei 100 giorni come barometro di una presidenza. È evidente, però, che le critiche gli bruciano. E che avrebbe voluto fare di più. Ma si è dovuto scontrare con la grande differenza che c'è tra il dire e il fare. Lo scorso ottobre, sul finire della campagna elettorale, a Gettysburg pronunciò un discorso in cui si impegnò a realizzare una serie di promesse nei primi tre mesi di governo. Dal suo insediamento, lo scorso 20 gennaio, Trump ha firmato ben trenta ordini esecutivi. Nessuno ne aveva firmati così tanti dai tempi di Harry Truman.
Ecco, tra successi e insuccessi, le principali promesse contenute nel programma di Trump per i primi 100 giorni. Nominare e far insediare un nuovo giudice repubblicano alla Corte Suprema. Promessa mantenuta. Neil Gorush ora siede sulla poltrona rimasta vuota per oltre un anno per la morte improvvisa di Antonin Scalia. Per il seggio vacante Obama aveva scelto Merrick Garland, ma la nomina era stata fermata dai repubblicani.
Una delle sconfitte più dure da mandare giù per l'inquilino della Casa Bianca è stata la mancata abolizione dell'Obamacare. La maggioranza repubblicana alla Camera, profondamente divisa, ha scelto di ritirare la legge che avrebbe rottamato la riforma simbolo dell'era Obama. Si è rifatto con la riforma fiscale: pochi giorni fa Trump ha presentato "il taglio delle tasse più grande della storia", con aliquota al 15% per chi le imprese che fanno profitti all'estero, riduzione a tre aliquote per i cittadini (10%, 25% e 35%), abolizione della tassa di successione e niente tasse alle famiglie fino a 24mila dollari di reddito. L'accusa immediatamente mossa dai democratici è quella di aver favorito i ricchi, a scapito delle classi medie.
Un altro dei caposaldi della politica trumpiana era il muro con il Messico. Più volte ribadito, anche a scapito di una crisi diplomatico con il paese confinante, Trump aveva promesso di ottenere dal Congresso i finanziamenti per la costruzione del muro. Ma il presidente per ora non è riuscito a convincere Capuitol Hill ad inserire questi stanziamenti nella legge di spesa
aggiuntiva che deve essere approvata per scongiurare lo shutdown. Ha però inserito alcuni finanziamenti nella bozza di bilancio 2018.
Capitolo immigrati clandestini. Trump aveva promesso di sospendere l'immigrazione dai Paesi "a rischio terrorismo", istituendo rigidi controlli. Trump ha il "muslim ban", vietando l'ingresso negli Usa a cittadini di un gruppo di Paesi a maggioranza islamica. Dopo clamorose proteste, i giudici hanno bloccato il decreto, giudicandolo anticostituzionale. Ci ha riprovato, con una versione più soft, ma ancora una volta è arrivato lo stop dei giudici. Sempre su questo fronte va vista l'idea di annullare i fondi federali alle cosiddette "città santuario", quelle che non controllano lo status di immigrazione dei propri residenti. Ma anche in questo caso l'iniziativa di Trump, che aveva firmato un ordine per negare alcuni fondi, è stato bloccato dai giudici.
La promessa di mandare via dagli Stati Uniti i milioni di immigrati senza documenti com'è andata a finire? Sono state eseguite molte espulsioni (numero in aumento rispetto agli anni precedenti), colpendo anche diversi clandestini che lavorano da anni ed hanno famiglia ma non hanno precedenti penali.
Per rifare grande l'America Trump aveva promesso l'uscita o la rinegoziazione del Nafta, l'accordo di libero scambio del Nord America. Di recente ha detto che non uscirà ma vuole rinegoziarlo. Sempre in materia commerciale, era previsto il ritiro dal Tpp (Trans-Pacific Partnership), l'accordo di libero scambio con il Canada e altri 10 Paesi del Pacifico. Il 23 gennaio il presidente ha ritirato gli Stati Uniti dall'accordo negoziato da George W. Bush e concluso e firmato da Obama.
Uno dei nodi più spinosi era il difficile rapporto con la Cina. Trump per mesi l'ha accusata di manipolare la propria valuta, assicurando che avrebbe preso seri provvedimenti. Ma dopo il delicato summit in Florida con Xi Jinping ha fatto marcia indietro, tornando sui propri passi. Al di là del braccio di ferro economico-finanziario la Casa Bianca ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, riconoscendo che la Cina è estremamente importante nello scacchiere geopolitico mondiale.
Per semplificare la macchina dello Stato Trump aveva detto di voler spingere forte sull'acceleratore della deregulation, imponendo che per ogni nuovo regolamento se ne dovessero abolire due vecchi. Lo ha ribadito in un ordine esecutivo firmato il giorno dell'insediamento. Tra gli impegni presi c'era anche un emendamento costituzionale per imporre un limite di mandati ai membri del Congresso. Per il momento, però, non è stata adottata alcuna misura in tal senso.
Il tycoon si era impegnato a vietare per cinque anni a tutte le persone che hanno lavorato alla Casa Bianca (e al Congresso) di fare i lobbisti. Per ora non c'è alcun provvedimento in tal senso. Il presidente si è limitato a chiedere questo impegno ai membri della sua amministrazione. Anche il blocco delle assunzioni di dipendenti federali è stato "sospeso", perché appena insediatosi Trump si è reso conto che era necessario assumere personale.
Per rilanciare l'economia una delle promesse del tycoon era quella di eliminare i blocchi posti per ragioni ambientali dalle amministrazioni Obama e Clinton. Per prima cosa Trump ha dato il via libera alla costruzione dell'oleodotto Keystone, bloccato precedentemente da Obama. Sempre su questo tema, Trump aveva assicurato che avrebbe cancellato i fondi ai programmi Onu per i cambiamenti climatici. Nella bozza del bilancio 2018 la Casa Bianca ha ribadito questo stop.
Tra i risultati positivi che Trump può vantare c'è sicuramente il ritorno forte degli Stati Uniti sulla scena internazionale. Il bombardamento contro la Siria di Assad e i duri avvertimenti a Kim Jong-un, con l'invio della portaerei Vinson e di un sottomarino nucleare, sono due esempi chiari di come Trump abbia deciso di battere forte i pugni.
Per ribadire che i tempi sono cambiati. L'era dell'indecisione è finita. Il messaggio (che ovviamente non a tutti piacerà) è chiaro: l'America è tornata forte. Ed è tornata centrale su tutti i tavoli. Messaggio (chiaro) anche a Putin.
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