“Non vi lasceremo mai tranquilli, mai e poi mai, possa Allah accettare il sacrificio dei nostri fratelli a Barcellona, la nostra guerra contro di voi durerà per sempre, fino alla fine del mondo”. A parlare, dalla provincia siriana di Deir Ezzor, è il jihadista Abu Salman Al Andalus. È lui, fucile a tracolla e faccia nascosta da un passamontagna che svela soltanto gli occhi neri, a minacciare nuovamente la Spagna ad una settimana dalla strage della Rambla, rivendicata dall’Isis e costata la vita a 15 vittime innocenti.
Nel video propagandistico, il primo diffuso dall’Isis in lingua spagnola, l’organizzazione promette nuovi attacchi, minacciando direttamente i cristiani spagnoli e giurando di vendicare il sangue dei musulmani “sparso durante l’Inquisizione”. Nel filmato scorrono le immagini dell’attacco terroristico nel centro della città catalana: le vittime stese sul marciapiede, i poliziotti, i volti dei turisti sconvolti e il furgone bianco con cui Younes Abouyaaqoub ha falciato i passanti lungo la via più famosa della città. Proprio al terrorista ucciso lunedì dalla polizia catalana viene dedicato l'ultimo fotogramma, nel tentativo grottesco di celebrarne le gesta.
A parlare nel video messaggio c’è anche un secondo jihadista, che per la polizia spagnola, citata dal quotidiano spagnolo El Pais, avrebbe un nome e un cognome. Si tratterebbe di Muhammad Yasin Ahram Perez, ventidue anni, originario di Cordoba, nato da madre spagnola e padre marocchino. Il padre di Muhammad Yasin, Abdelah Ahram, si trova attualmente recluso a Tangeri per le sue attività legate all’islam radicale, mentre la madre del miliziano, Tomasa Perez, una donna proveniente da una famiglia cattolica di Malaga, nel 2014 ha lasciato la Spagna assieme ai suoi sei figli per trasferirsi nei territori controllati dallo Stato Islamico in Siria.
"Non dimentichiamo il sangue versato dai musulmani durante l'Inquisizione spagnola, ci vendicheremo per il vostro massacro e per quello che state facendo ora contro lo Stato Islamico", minaccia Perez, rivolto ai cristiani spagnoli. Dietro di lui, mentre il sole tramonta sulla provincia siriana di Deir Ezzor, sventola una bandiera nera. Poi invita i “fratelli” musulmani a compiere nuovi attacchi: "Se non potete fare l'Egira nello Stato islamico, il jihad non ha frontiere, fatelo dove siete". "Con il volere di Allah, al-Andalus tornerà ad essere quello che era, territorio del Califfato", promette il giovane jihadista, che si fa riprendere armato e con la barba lunga.
Quello della “riconquista” dei territori della Spagna centrale e meridionale che conobbero la dominazione islamica, Catalogna compresa, è un chiodo fisso per i gruppi islamisti. Fin dalla sua proclamazione nell’estate del 2014, infatti, lo Stato Islamico ha espresso in più di un'occasione la volontà di liberare i territori occupati dal Califfato degli omayyadi a partire dall’VIII secolo d.C., definendo al-Andalus “la terra degli avi”. Una terra, questa, da “liberare con il volere di Allah” anche per organizzazioni terroristiche come al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) che tra i suoi obiettivi ha proprio quello di riconquistare i territori spagnoli che furono occupati dai mori.
Nel mirino dei jihadisti, infine, anche il re
Felipe VI, che viene mostrato nel filmato dell'Isis mentre sfila contro il terrorismo su Plaza Catalunya assieme al premier spagnolo Mariano Rajoy e al presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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