Era la notte tra il 3 e il 4 aprile del 2017, quando Sarah Halimi, una donna ebrea di 65 anni, venne uccisa e gettata dalla finestra dell'appartamento in cui viveva. A picchiarla e toglierle la vita era stato il suo vicino di casa, un islamico originario del Mali, al grido di "Allahu Akbar".
La morte di Sarah
La notte del 4 aprile 2017, Sarah, dottoressa ebrea in pensione con tre figli, venne picchiata selvaggiamente e poi gettata dal terzo piano dello stabile in cui abitava, nel quartiere di Belleville, a Parigi. Ad ucciderla era stato il suo vicino di casa 27enne, Kobili Traorè, un islamico originario del Mali, già noto alla polizia come tossicodipendente e per reati di spaccio. Secondo quanto venne ricostruito ai tempi, l'uomo avrebbe dato in escandescenza dopo una lite famigliare. In preda alla rabbia sarebbe riuscito ad entrare nella casa di un'altra famiglia che, per sfuggire alla sua furia, si era rinchiusa in bagno, da cui era riuscita a contattare la polizia. Traoré si sarebbe poi introdotto nell'abitazione di Sarah, passando dal balcone. Una volta in casa, avrebbe svegliato la donna e avrebbe iniziato a picchiarla selvaggiamente, come confermano le urla disperate della donna. Alcuni testimoni avevano chiamato la polizia, riferendo delle grida disperate della donna, mentre l'uomo gridava "Allahu Akbar" e "Ho ucciso Shaitan" (Satana, in arabo). Infine, il killer avrebbe gettato dalla finestra la sua vittima. Sembra che l'uomo recitasse a bassa voce delle preghiere in arabo. Non è ancora chiaro se la morte della donna sia avvenuta per le botte ricevuto o per la caduta dal terzo piano. L'uomo, subito arrestato, era stato trasferito in un ospedale psichiatrico.
La sentenza e le proteste
Il 19 dicembre scorso, la Corte di appello di Parigi ha giudicato Kobili Traorè "non responsabile dal punto di vista penale" per la morte della donna ebrea. La sentenza della Corte è arrivata, secondo quanto riporta il Messaggero, dopo 7 perizie psichiatriche. Stando a quanto affermano i media francesi, secondo i medici, l'assunzione di cannabis avrebbe provocato nel killer uno stato di "delirio acuto", che non permetterebbe di considerarlo come il responsabile della morte della donna di origini ebree, nonostante lo stesso assassino avrebbe ammesso il crimine.
Dopo la sentenza, a Parigi sono esplose le proteste della comunità ebraica, composta da circa 500mila persone, e nei giorni scorsi si sono moltiplicati gli appelli social, contro la decisione dei giudici. Sul caso è intervenuto anche il rabbino capo Haim Korsia che, in una lettera rivolta al ministro della Giustizia francese e pubblicata su Le Figaro, ha scritto: "Dovremmo forse dedurre da questo verdetto che qualunque tossicodipendente ha la licenza d'uccidere degli ebrei?".
Poi ha continuato, sostenendo che la sentenza rappresenza una "grave rottura di fiducia nel sistema giudiziario del Paese". Intanto a Parigi, Montpellier, Marsiglia e altri paesi della Francia sono stati organizzati cortei di protesta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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