C'è la Siria occidentale nel mirino dei caccia russi. La zona di Hama e quella di Idlib, che da mesi ormai è interamente controllata da una coalizione largamente formata da milizie islamiste, il cui nerbo è formato da uomini di al-Nusra (al-Qaida in Siria) e Ahrar al-Sham, una delle formazioni più temibili tra quelle in lotta contro Damasco.
È l'Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base a Londra e un'estesa rete di fonti sul territorio siriano, a dare notizie sui nuovi raid di Mosca. Dati che sembrano confermare una tendenza già vista nei giorni scorsi, quando pesanti bombardamenti hanno colpito ancora le stesse zone, nell'intento di allargare l'operazione a gruppi diversi dal sedicente Stato islamico, ma non per questo necessariamente "moderati".
Secondo la ong gli uomini del regime avrebbero attaccato via terra dopo i raid, che hanno colpito di nuovo il villaggio di Lataminah, già raggiunto dalla primissima ondata russa. Per la prima volta oggi i russi hanno colpito obiettivi da quattro navi lanciamissili nel Mar Caspio, lontane circa 1500 chilometri.
Mentre continuano i raid, a Mosca il ministero della Difesa sembra aprire ulteriormente a una coordinazione con gli Stati Uniti, molto meno convinti dell'ipotesi. Se la visione dei due Paesi sulla crisi siriana non coincide - i russi vorrebbero Assad al potere anche dopo la guerra civile, la Casa Bianca non ci sente - la realtà dei fatti, con entrambe le aviazioni impegnate, è però innegabile.
Secondo Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa, le proposte "possono essere adottate. Bisogna solo definire alcuni dettagli tecnici che saranno discussi oggi".
Intanto a fermare gli attacchi è stata l'Australia, che sostiene i suoi aerei non siano in questo momento necessari, ma ammette: "L'ingresso delle forze russe nello spazio siriano hanno aumentato il grado di complessità dell'operazione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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