Letteratura

Il piacere (e l'impegno) di leggere la vera Storia

I lavori di Firpo e Maifreda e di Panza non vogliono "attualizzare", ma capire. Senza tesi e ideologie

Il piacere (e l'impegno) di leggere la vera Storia

La Storia non apre le porte agli ospiti che non ha invitato. Sceglie i protagonisti e i comprimari, anche se gli esclusi si sono dati tanto da fare. Scorrono lunghi anni. Poco rimane a chi non è stato ricevuto nei palazzi di marmo della Storia ed è scivolato giù dal carro del destino in cammino per le strade del tempo. Poi una distrazione, un intoppo imprevisto nella marcia dei vincitori ed ecco che echi e suoni indistinti affiorano dal passato, si raccolgono in una voce che racconta ciò che era stato nascosto. La Storia diventa vera, deve lasciar entrare l'ospite che per tanto tempo ha respinto. A chi si deve questo stravolgimento, questa capacità di restituire verità alla Storia? Molto semplice, allo storico. È la sua ricerca che scava oltre le apparenze, che cerca fonti e origini dell'accaduto, mettendo da parte letture di comodo, vantaggiose interpretazioni. Ma in questi nostri tempi che ricercano facilità e immediatezza, lo storico si confonde nelle chiacchiere, nella retorica, nella propaganda, nell'ideologia.... Lo storico non è più storico, è svilito, perde identità, non si sa più chi sia: e allora dove finisce la verità della Storia? In una trasmissione televisiva di mezz'oretta, in un libro scritto col compagno di banco di nome Internet, in un'astuta compilazione che non raggiunge neppure la dignità che dovrebbe possedere un oggetto chiamato libro? Là non finisce nessuna verità del Storia: si ha solo qualche simulacro, qualche ovvietà, molte banalità, e tutto si giustifica col sacro compito della divulgazione.

Ricevo nello stesso giorno due libri inviati dagli autori e dagli editori. Il primo è scritto da Massimo Firpo e Germano Maifreda; titolo: L'eretico che salvò la Chiesa; sottotitolo: Il cardinale Giovanni Morone e le origini della Controriforma; editore Einaudi. Un libro di oltre 1200 pagine (euro 48) scritto da due veri storici. Volume affascinante costruito attraverso interminabili ricerche di archivio, una sterminata bibliografia, una capillare ricerca delle fonti: le note che le documentano occupano oltre 200 pagine. Un'esposizione storica di straordinario interesse (e molto fluida, godibilissima) che riguarda il periodo di preparazione e di realizzazione del Concilio di Trento alla metà del XVI secolo, in cui al centro è l'opera controversa del cardinale Giovanni Morone che appare nella sua immagine sia di eretico, sia di baluardo della fede cattolica.

Perché, dicevo, due veri storici? Perché utilizzano una metodologia della ricerca che consente di andare al fondamento del problema trattato. Questo non significa che i risultati raggiunti siano incontrovertibili: si potrà aprire una discussione, mettere in dubbio le interpretazioni ma con coloro che adottano analoghe procedure di indagine, studiando archivi, fonti, testi. Una metodologia di ricerca che educa alla cultura e sviluppa un pensiero critico. Nella complessità del suo lavoro, lo storico si avvicina con onestà intellettuale alla verità della Storia e non si presta a un uso strumentale delle interpretazioni dei periodi storici. Certo, questo utilizzo strumentale c'è sempre stato, continuerà ad esserci (parrebbe perfino necessario), ma è propaganda, è finalità politica, è facile mercato editoriale, consumo. Il lavoro dello storico non è questo.

L'altro libro ricevuto raccoglie gli scritti di Giovanni Battista Piranesi, curati da Pierluigi Panza (Electa, pagg. 286, euro 28). Un volume, inutile sottolinearlo, del tutto diverso da quello di Firpo e Maifreda, ma che presenta un'analoga metodologia di ricerca storica. Sarebbe facile e seducente prendere con disinvoltura una parte o un'altra dei testi di Piranesi, utilizzandoli per una propria interpretazione dell'Illuminismo o del Romanticismo e con lo scopo immediato di attualizzare, cosa che oggi è una pratica molto conveniente: si semplifica, mettendo da parte quello che non giova al proprio discorso, presentando così un'immagine personale dell'autore e una lettura parziale dei suoi testi, giustificando questo stravolgimento come un'operazione necessaria per togliere la polvere del tempo su autore e opere, rendendoli, appunto, attuali, cioè facili da comunicare e da vendere.

Panza ci presenta alcuni testi del Piranesi, in particolare Della Magnificenza ed Architettura de' Romani (1761) e Parere su l'architettura (1765) con uno straordinario approfondimento filologico e storico degli scritti, con una propria dettagliata introduzione che consente di apprezzare la teoria estetica di Piranesi sul rapporto tra arte e verità, sul tema dell'ornamento, sull'importanza dell'architettura classica, sul contrasto tra invenzione e imitazione. L'apparato critico che accompagna questi testi ci aiuta a comprenderli nella loro autentica problematicità storica ed estetica, la cui attualità non sta nel semplificarli e ridurli a piacimento, ma nel cogliere la complessità delle polemiche e delle critiche che hanno provocato nel corso del tempo.

Libri diversi, quello di Firpo e Maifreda e quello di Panza, che testimoniano un profondo valore etico: lo studio (si potrebbe aggiungere: non solo quello della Storia) si basa su una metodologia della ricerca che va alle fonti, ai reperti di archivio, che non sceglie scorciatoie per rendere i testi più facili, accattivanti... più attuali.

La loro attualità si basa sulla correttezza della ricerca e, talvolta, anche su una gratificante fatica di lettura che dà la consapevolezza di un sapere che lentamente e progressivamente si acquisisce.

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