Coronavirus

Il ministro comunista voleva il modello Stasi. Il blitz fallito di Speranza sulla polizia nelle case

Bufera sul rappresentante Leu nel governo: "Segnalare chi fa feste private". L'invito alla delazione non passa, solo il consiglio: party a numero chiuso. Salvini: "Peggio di Orwell"

Il ministro comunista voleva il modello Stasi. Il blitz fallito di Speranza sulla polizia nelle case

«Il domicilio è inviolabile», articolo 14. Prima era la Costituzione più bella del mondo. Ora la vogliono cancellare con una dichiarazione a Che tempo che fa. Il ministro della Salute la butta lì con nonchalance rispondendo a Fabio Fazio che gli chiede come si farà a controllare il rispetto del divieto di feste private. Prima fa un voto di fiducia sul rispetto spontaneo, poi aggiunge che «è chiaro che aumenteremo anche i controlli, ci saranno segnalazioni». Il ministro insomma auspica un fenomeno di delazione di massa sulle attività private dei vicini di casa? Una frase sconcertante che pare prefigurare scenari da Ddr, dove la Stasi reclutava informatori in ogni condominio.

La dichiarazione stupefacente di Speranza fa il giro del web e solleva reazioni indignate, al punto che Palazzo Chigi cerca di raffreddare gli animi facendo filtrare veline sulle «fake news» intorno al Dpcm, pur senza citare Speranza, e attribuendo a fonti di Palazzo chigi la smentita della previsione di controlli di polizia nelle abitazioni. E alla fine della lunga trattativa con le Regioni si va verso limitazioni basate più sulla raccomandazione che sul divieto, almeno per quel che riguarda gli spazi privati. Il tetto di trenta invitati sarebbe applicato alle celebrazioni come matrimonio battesimi, mentre per le feste in casa si va verso un consiglio: massimo sei persone.

Eppure l'affermazione di Speranza, provenendo per di più da un ministro Libero e uguale, membro cioè di un movimento che rivendica la tradizione comunista, non può essere liquidata come un semplice scivolone. Di sicuro il ministro rivendica la paternità di un provvedimento scientificamente discutibile e inaccettabile dal punto di vista democratico, come il «divieto di festa». Una misura che porta lo Stato dritto all'interno delle case delle persone, ignorando lettera e spirito dell'articolo 14 della Costituzione che tutela il domicilio come estensione della persona e, non a caso, prevede una situazione come quella attuale ponendo limiti espliciti e molto rigidi: «Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali». Ecco perché sarebbe difficile immaginare una norma che consenta la delazione su ciò che succede in casa altrui (tutelata al massimo grado anche dalle leggi sulla privacy) e perfino controlli di polizia a tappeto senza garanzia dell'autorità giudiziaria.

Del resto è l'intero approccio del ministro a suscitare dubbi: «Proveremo a incidere su aspetti della vita delle persone che non sono essenziali -spiega- Abbiamo investito sulle scuole, che riteniamo essenziali, e teniamo i ragazzi in sicurezza all'interno delle scuole, ma non all'esterno».

In realtà, è l'esatto contrario: il governo giallorosso a sette mesi dal lockdown non ha saputo preparare alla inevitabile e annunciata convivenza con il virus la scuola, la sanità, i trasporti e ora cerca di coprire le tracce puntando il dito sui comportamenti privati, proprio come aveva fatto durante il lockdown, usando come arma di distrazione di massa la caccia al «runner» solitario la cui potenzialità di contagio era pari a zero.

Il governo trova qualche sostegno anche nel ragionamento di qualche scienziato, come Ranieri Guerra, vicedirettore generale dell'Oms e componente del Comitato tecnico-scientifico, secondo cui il divieto di feste private, con il suo connotato moralistico (perché non sono altrettanto pericolose riunioni private per parlare di politica o per pregare?). «È una misura per mettere in allarme le persone», dice Guerra, che così non difende il valore scientifico del provvedimento, ma il suo potenziale educativo, degno di un governo padre di un popolo bambino. Un'idea distorta dello stato di diritto. E per uno scienziato, passi. Ma detto da un ministro è inaccettabile. E le reazioni non mancano.

«Vogliono la Psicopolizia -protesta Salvini- è follia, nemmeno Orwell ci sarebbe arrivato».

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