Interni

Dall'ex patron del Genoa al genero di Mr. Esselunga

Tutti i personaggi coinvolti nel caso che ha colpito il governatore. Al centro dell'inchiesta, il "terminalista" Aldo Spinelli con il figlio

Dall'ex patron del Genoa al genero di Mr. Esselunga

Ascolta ora: "Dall'ex patron del Genoa al genero di Mr. Esselunga"

Dall'ex patron del Genoa al genero di Mr. Esselunga

00:00 / 00:00
100 %

Una striscia di pianura tra il mare e la montagna, la Liguria in fondo è questa. Ed è da qui che bisogna partire per capire gli appetiti e i personaggi che da sempre ruotano intorno al brandello di terra di cui il Porto è il cuore, e che ora vengono investiti in pieno dalla indagine che porta agli arresti il governatore Toti. Perchè chiunque abbia comandato nei secoli sotto la Lanterna sa che tutto dipende dalle navi che vanno e vengono. Il porto vuol dire soldi e potere. E guai.

Più di Giovanni Toti, che è di Viareggio e fino all'elezione nel 2015 conosceva meglio gli studios di Cologno Monzese che i carrugi di Genova, il vero conoscitore del potere eterno del porto è Aldo Spinelli, professione terminalista - ovvero signore delle banchine e degli attracchi - che a ottantaquattro anni suonati finisce agli arresti domiciliari, doloroso punto di ormeggio di una vita di fatica e piaceri, di casinò e di calcio: uno con le idee così chiare sull'intreccio tra pallone e affari che essendo presidente sia del Genoa che del terminal dei container nel 1989 nominò vicepresidente della squadra il ministro della marina mercantile Gianni Prandini. Così, tanto per non sbagliarsi.

Da allora, e parliamo di quarant'anni fa, è stato tutto un crescendo. Adesso che le intercettazioni con Toti sono diventate pubbliche, a molti sembrerà di riconoscerlo, il vecchio Spinelli, in quelle battute tignose e un po' spavalde. E così pure nella storia più colorita di tutte, quella che ha portato in cella l'unico incarcerato, il presidente del porto Paolo Signorini: le serate e le notti al casinò di Montecarlo, con fiches e quant'altro in omaggio. Un balzello che Spinelli paga malvolentieri, brontolando per lo champagne, ma che non deve essergli costato troppo, visto che a Montecarlo lui è di casa, giocatore incallito e dalla fortuna leggendaria, e come tale ha accesso a tutte le facilities dei clienti importanti.

Dai moli del porto, Spinelli ha visto politici sorgere e tramontare, incamerando da ognuno concessioni ultradecennali. Con Sandro Biasotti, che sarebbe divenuto presidente della Regione, era stato anche socio, finchè avevano litigato, aveva comprato le sue quote e visto che c'era anche quelle dei camalli, realizzando un monopolio che lo fece finire sotto inchiesta. Poi Biasotti venne sconfitto e ritornò al potere l'eterna sinistra genovese ovvero Claudio Burlando. Spinelli si adeguò.

Un altro che dovette fare i conti con l'immortalità del Pci e del post Pci ligure fu Bernardo Caprotti, il creatore di Esselunga, che qui - come nell'Emilia rossa - si vide respingere qualunque tentativo di aprire un supermercato: e ora tocca a suo genero Francesco Moncada venire indagato per avere ringraziato con qualche spot elettorale le licenze finalmente concesse.

Così va il mondo, così va Genova. E non è un caso che nell'inchiesta della Guardia di finanza resti impigliato di striscio anche Maurizio Rossi, editore di Primo Canale, la tv locale che - fino a quando Tele Nord non è arrivata a insidiarla - ha avuto il monopolio dell'informazione locale nel capoluogo e in buona parte della Liguria: per qualunque sindaco e governatore era fondamentale avere buoni rapporti, e che la Procura ora accusi Toti e Rossi di avere esagerato non deve stupire più di tanto. La parte brutta, la parte indigesta dell'ordinanza è l'altra, l'accusa sui traffici di voti dei politici indagati e non indagati con la colonia siciliana di Genova, tutta gente di Riesi trasferitasi negli anni, e su cui incombe l'ombra dei clan. Ma dei quattrocento voti che dovevano portare in cambio di assunzioni e favori nessuno - al momento di aprire le urne - pare che di fosse accorto.

Così tutto torna a ruotare lì, intorno al porto delle merci, alla diga da un miliardo che sta per sorgere e farà crescere il traffico a dismisura. Signorini, quello delle notti al casinò, al porto ci arriva quando Toti è già presidente ma la sua rampa di lancio parte già un anno prima, perchè è il governo Renzi a nominarlo capo del Dipartimento per le infrastrutture del ministero dei Trasporti. Da lì è tutto un salire, di potere e di grinta: fino ad arrivare a scontrarsi con uno degli uomini più potenti del mondo del mare, l'italo-svizzero Gianluigi Aponte: che un giorno lo chiama urlando per l'appalto del carbonile che Signorini vuole dare a Spinelli. «Era fuori dalla grazia di Dio, ha detto che lui va in Procura», racconta Signorini all'amico. E l'altro, senza spaventarsi: «Se lui va in Procura ci vado io, in Procura, non lui».

Poi qualcuno in Procura c'è andato davvero.

Commenti