Il dl Salvini chiude i rubinetti ​per i migranti. E ora la Chiesa apre il portafogli

La Caitas Ambrosiana contro il dl Sicurezza: i migranti che dovrebbero uscire dai centri di accoglienza rimarranno ospitati a spese degli organismi ecclesiastici

Il dl Salvini chiude i rubinetti ​per i migranti. E ora la Chiesa apre il portafogli

"In nome del Vangelo, chiediamo di non porre ostacoli, anche di natura legislativa, all'accoglienza". Monsignor Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, si rivolgeva così al governo pochi giorni dopo Natale. L'immigrazione è da tempo al centro del messaggio pastorale dei vescovi italiani e non è un mistero che la Chiesa (e la Caritas) non vedano di buon grado le riforme licenziate da Salvini&Co. Tutto legittimo. Ma se fino a oggi erano in sostanza gli italiani a saldare il conto della carità ecclesiale, ora grazie (o a causa) del dl Immigrazione lo Stato dovrà foraggiare meno strutture di accoglienza gestite dai religiosi.

Lo slancio solidale della Cei, infatti, permette ogni anno a migliaia di immigrati di godere delle strutture riservate ai richiedenti asilo e servizi di integrazione. Prestazioni dispendiose, che però nella maggior parte dei casi la Chiesa non ha finanziato con fondi propri, ma - come già rivelato dal Giornale.it - partecipando a bandi di accoglienza statali. Dunque utilizzando soldi pubblici.

A certificarlo sono i dati resi noti dal "Rapporto sulla protezione internazionale" redatto dalla Caritas. L'ultimo disponibile è stato pubblicato lo scorso gennaio e riguarda la situazione dell'accoglienza in tutto il 2017. La rete ecclesiale, rivendica la Caritas, "è parte integrante del sistema SPRAR nonché un pezzo significativo del sistema emergenziale che fa perno sui cosiddetti Centri di accoglienza straordinaria". In soldoni le 139 diocesi coinvolte (su un totale di 220) hanno accolto oltre 23.300 richiedenti asilo o titolari di una forma di protezione. Di questi, solo 5.407 dormono e mangiano grazie al denaro ecclesiastico. I restanti 17.958, Vescovi e parroci li sfamano sì, ma a spese dell'Italia.

Ben 14.124 richiedenti asilo sono finiti nelle strutture Cas, centri straordinari finanziati dalle prefetture con appositi bandi. Altri 3.834, invece, hanno alloggiato nella rete Sprar, sistema di seconda accoglienza dedicata all'integrazione e foraggiata dal ministero dell'Interno. A conti fatti il 76,8% dei migranti ospitati nelle Diocesi sono a libro paga dello Stato. Solo 2.889 vivono coccolati grazie alla bontà delle parrocchie e dei parrocchiani; appena 2.135 in strutture ecclesiali (appartamenti, canoniche, ovvero altri locali messi a disposizione da congregazioni, da istituti della diocesi); e altri 383 in famiglia.

Con l'introduzione del dl Salvini qualcosa potrebbe cambiare. La norma voluta dal leghista e approvata dal Parlamento, infatti, nega l'accesso al circuito ex Sprar a chi ha un permesso di soggiorno umanitario e in generale a chi non è titolare di protezione internazionale. L'obiettivo è una "ottimizzazione" e una "razionalizzazione dei servizi" in modo da evitare "oneri gravosi a carico dell'erario". Tradotto: rubinetti chiusi.

Secondo la Chiesa questo "metterà per strada" diversi immigrati e così le Caritas della Lombardia hanno deciso di farsi carico del "problema": le strutture lombarde della Cei non allontaneranno i migranti che perderanno il diritto a rimanere nei centri di accoglienza, ma li manterranno a totale carico degli organismi ecclesiastici.

A comunicarlo è stato il direttore della Caritas Ambrisiana, Luciano Gualzetti, sottolineando che la decisione riguaraderà circa 500 immigrati in Lombardia. Non solo.

Mentre il dl Salvini prevede una riduzione dei percorsi di integrazione nei Cas (ora riservati solo a chi avrà ottenuto diritto d'asilo), la Chiesa lombarda continuerà a garantirli nei suoi centri profughi. Aprendo il portafoglio.

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