Di Maio traballa. Contrordine. Il Movimento 5 Stelle cambia ancora una volta idea. E non sulle solite quisquilie, ma sull'euro e pure sul suo capo politico. La lotta contro la moneta unica era uno dei cavalli di battaglia del grillismo che raggiunse il suo acme nel 2015, quando i pentastellati raccolsero 200mila firme per un referendum peraltro incostituzionale per abolire l'odiata moneta. Erano gli anni barricaderi, quando Grillo concionava con la bava alla bocca nelle piazze di tutta Italia. Poi è arrivata l'era Di Maio: levigata, impomatata e anche incravattata. I riccioli ribelli del leader storico si sono accomodati nella capigliatura azzimata e inamovibile di Luigino. E anche la battaglia contro Bruxelles è finita nel dimenticatoio. Di più c'è stata una vera e propria conversione a U, nel tentativo di arraffare palazzo Chigi. I vertici della Casaleggio, con sprezzo del ridicolo, hanno mandato allo sbaraglio il povero Di Maio che, appena uscito dal primo giro di consultazioni con Mattarella, prima ancora di salutare i giornalisti, ha pubblicamente giurato fedeltà alla moneta unica. Proprio lui che era stato uno dei primi firmatari del sopraccitato referendum. Insomma, prima volevano abolire i poteri forti, poi hanno tentato di blandirli. Ma, adesso, che il miraggio di Palazzo Chigi sfuma sempre più, i grillini di governo riscoprono l'armamentario della lotta. E Di Maio rischia di finire archiviato in uno dei server della Casaleggio Associati, tra i cimeli digitali del recente passato. L'avviso di sfratto arriva direttamente da Beppe Grillo in un'intervista rilasciata al sito francese Putsch. «Oggi la democrazia è uno stato decentralizzato spiega l'ex comico - Ci dovrebbe essere un'Europa delle regioni su scala mondiale. Penso a un'Europa del genere. Ci sono due economie, quella del Nord e quella del Sud. E noi italiani siamo nel Sud. Ho quindi proposto un referendum per l'area dell'euro. Voglio che gli italiani si esprimano. Le persone sono d'accordo? Esiste un piano B? Dovremmo lasciare l'Europa o no?». Così Grillo in un colpo solo archivia l'euro e sputtana il capo politico del suo movimento. L'intervista di Grillo suona come una sonora bocciatura a tutta la svolta governista impressa negli ultimi mesi ai grillini. Il Di Maio pizzaiolo, che apre e chiude forni a destra e a manca pur di raccattare una poltrona, non piace alla base del Movimento che ha intravisto nelle sue azioni opportunismo e giochi di potere. Cioè tutto quello che i Cinque Stelle avevano promesso di smantellare. E la batosta elettorale in Friuli Venezia Giulia è stata l'ennesima prova di come sia svanito l'effetto «apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno». Quindi Grillo tenta l'ennesima trasformazione di un Movimento sempre più geneticamente modificato, sempre più allo sbando e sempre più disponibile a dire tutto e il suo esatto contrario a seconda delle esigenze.
Poi torna in Italia: «Oggi siamo nella post-democrazia. C'è stato un colpo di stato all'inverso. Abbiamo usato la democrazia stessa per distruggerla. A causa della legge elettorale siamo in un vicolo cieco». Non si capisce a quale golpe si riferisca, forse al fatto che gli italiani non hanno dato la maggioranza e consegnato il governo al suo Movimento. O forse i grillini si sono autogolpizzati, non riuscendo a trovare un accordo parlamentare con nessuno. Un flop che va in scena quotidianamente da quasi sessanta giorni e che ha in Di Maio la sua star. Star che ora l'impresario vuole mettere alla porta. Come se il copione non glielo avesse scritto lui.
Come qualcuno ha già ironicamente chiosato siamo alle Idi Di Maio.
Giggino si salverà, ma dovrà cedere lo scettro - anzi l'auricolare tramite il quale prende ordini da Casaleggio - a qualcun altro. Magari Di Battista. Lui, al massimo, tornerà a fare lo steward. E la beffa è che non avrà nemmeno il tanto promesso reddito di cittadinanza.
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