Cronaca internazionale

Le parole di Cohen fanno infuriare Trump. "Per proteggerlo mentii a Congresso e Fbi"

L'ex amico di Donald parla di assegni per Stormy Daniels e di fatture false

Le parole di Cohen fanno infuriare Trump. "Per proteggerlo mentii a Congresso e Fbi"

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Michael Cohen torna in aula a New York per testimoniare contro Donald Trump nel processo sul pagamento alla pornostar Stormy Daniels, mentre il tycoon porta con lui alcuni fedelissimi in segno di solidarietà. A partire dallo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson, terza carica del paese, arrivato in tribunale nel corteo di auto dell'ex presidente Usa. Johnson ha rilanciato la politicizzazione del processo penale contro Trump, attaccando il sistema giudiziario che viene «utilizzato come arma» contro di lui. «Questo sistema sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione per punire un presidente e fornire copertura ad un altro», ha aggiunto, attaccando anche l'ex avvocato e tuttofare di The Donald, che a suo parere «sta chiaramente portando avanti una missione di vendetta personale». «Il crimine di cui accusano Trump è la falsificazione di documenti aziendali, ma penso che tutti sappiano che non è lui il contabile della sua azienda», ha ribadito poi lo speaker, la cui mossa di lealtà e solidarietà nei confronti dell'attuale candidato Gop alla Casa Bianca ha scatenato diverse polemiche, in quanto poco consona a chi riveste un ruolo istituzionale come il suo.

Oltre a lui, in aula a sostenere il tycoon c'erano il governatore del North Dakota Doug Burgum e l'imprenditore Vivek Ramaswamy (entrambi ex candidati alle primarie Gop e ora tra i possibili aspiranti al ticket presidenziale), ma anche i deputati Byron Donalds e Cory Mills, oltre al figlio di Trump, Eric, con la moglie Lara, co-presidente del partito repubblicano. Prima di entrare in tribunale l'ex presidente ha giustificato il pagamento a Cohen come «spese legali»: «non le ho segnate come costruzione di un muro, di un edificio, o come bolletta elettrica. Non c'è crimine», ha aggiunto, lamentandosi di essere da quasi quattro settimane in una «cella frigorifera» (per la temperatura dell'aula) ad ascoltare un giudice «totalmente corrotto e pieno di conflitti di interesse». Cohen, è tornato sul banco dei testimoni per un nuovo round di domande dell'accusa e per il controesame della difesa. L'ex avvocato ha detto che fu Trump a firmare gli assegni con cui fu rimborsato per il pagamento a Stormy Daniels e che le ricevute erano falsificate in quanto non si trattava di un contratto per servizi legali.

Ricostruendo la vicenda, ha ricordato l'incontro con The Donald nel febbraio 2017 nello Studio Ovale per confermare il rimborso, che ricevette sotto forma di 11 assegni per un totale di 420 mila dollari, come concordato con Allen Weisselberg, all'epoca direttore

finanziario della Trump Organization. Cohen ha detto che dopo la divulgazione sui media nel 2018 della storia con la pornostar, lui ha continuato a mentire, al Congresso e all'Fbi, «per lealtà e per proteggere» il suo capo.

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