Europa

Primo comizio della Salis dal carcere

L'insegnante parla alla "Stampa": "Vittima di un'ingiustizia". Ma al governo nemmeno un grazie

Primo comizio della Salis dal carcere

Ascolta ora: "Primo comizio della Salis dal carcere"

Primo comizio della Salis dal carcere

00:00 / 00:00
100 %

Si trattiene a stento davanti alle domande più politiche, ma non si può dire che un anno di carcere l'abbia fiaccata nello spirito. «Sono vittima di un'ingiustizia - afferma Ilaria Salis in un'intervista esclusiva alla Stampa - la storia è dalla mia parte». Così parla l'insegnante precaria di Monza che dall'11 febbraio 2023 è rinchiusa in un carcere ungherese e le cui foto, lei al guinzaglio nell'aula del tribunale, hanno fatto il giro del mondo.

Nei giorni scorsi, dopo furibonde polemiche a distanza con il governo italiano, ha ottenuto gli arresti domiciliari e presto, già questa settimana, dovrebbe trasferirsi in un appartamento di Budapest. È un momento delicato, perché Salis è sotto processo per lesioni gravi ma lei rompe gli indugi e riesce fortunosamente a far uscire dalla cella le sue risposte. Un mix fra un comizio, un'autodifesa, l'incipit della campagna elettorale che la vede candidata con l'alleanza fra Verdi e Sinistra.

«Se sarò eletta - racconta - farò in modo che chi si trova in situazioni di ingiustizia come la mia non sia lasciato solo. Credo sia importante dare visibilità e voce al mondo delle carceri». E poi il tema delle prigioni va a braccetto con quello della «tutela dei diritti fondamentali della persona». Altro fronte sui cui la candidata, se ce la farà, promette di far sentire la sua voce.

Questo è, come dire, il programma elettorale. Poi c'è l'attualità e lei preferisce trincerarsi dietro un no comment che però è facilmente interpretabile. L'intervistatore le chiede se si «è sentita sostenuta e aiutata dal governo italiano nella sua vicenda giudiziaria». «Preferisco non rispondere», replica lei con poche parole ostili. Un silenzio che è facile attraversare, soprattutto se si prendono a prestito le requisitorie che il padre, Roberto Salis, ha scagliato a getto continuo contro l'esecutivo.

In questa storia si sono confrontate due linee di pensiero: a Roma ritengono che si debba lavorare sotto coperta, lontano dai riflettori, per favorire il ritorno nel nostro Paese della docente; a sinistra immaginano invece che la vicenda Salis mostri la deriva orbaniana di Palazzo Chigi e hanno politicizzato la querelle, fino a trasformare Salis in un simbolo elettorale.

Ma c'è anche spazio per le proteste nelle università di mezza Europa contro i massacri a Gaza: «Ho visto le immagini delle proteste nei telegiornali ungheresi. È rincuorante che gli studenti non siano rimasti in silenzio davanti al massacro quotidiano di civili, la fame e le bombe che si abbattono sulla striscia di Gaza».

Il resto lo aggiunge il padre Roberto, in margine a un appuntamento elettorale di Avs: «Chico Forti? Non so. So che con Ilaria il governo ha avuto 11 mesi di profilo basso e non è successo nulla. Le condizioni di Ilaria sono migliorate quando è iniziata la campagna mediatica intorno a lei».

Non si sa esattamente cosa pensi la figlia, ma Ilaria nella conversazione con la Stampa trova il modo per non spendere una sillaba se non di ringraziamento almeno di apprezzamento per l'azione in suo sostegno del nostro esecutivo. Poi finalmente si lascia andare: «Appena sarò fuori di qui, mangerò una pizza».

Commenti