Nel loro “manifesto”, le sardine italiane accusano i “populisti” di aver “spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete”. Sia chiaro: l’odio verbale, sui social e non solo, è sempre da biasimare. Sempre, però. Di qualsiasi colore esso sia.
Ci duole ricordare ai pesciolini nostrani, che odio e discriminazione in Italia hanno spesso le tinte del rosso. Proviamo a rinfrescare la memoria. A Bologna, proprio dove la prima manifestazione ittica ha avuto luogo, tre anni fa Matteo Salvini provò ad andare a fare un comizio in piazza Verdi. Apriti cielo. Quello è il luogo simbolo "meticcio, antirazzista" eccetera. E infatti i collettivi e gli studenti portarono delle balle di fieno per impedire l’arrivo del populista cattivo. Bella dimostrazione di democrazia. In via Zamboni (se non è stato cancellato) campeggiava peraltro questo graffito: “Contro fascisti e polizia, una smitragliata e via”. Non proprio un inno alla pace. E dobbiamo ricordate il blitz contro il professor Panebianco, zittito in aula perché reo di aver scritto un editoriale non allineato al pensiero dei collettivi?
Nel Vangelo sta scritto: “Perchè guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”. Santo insegnamento. Viene da chiedersi: la lotta contro l’odio comprende anche il post in cui la leader modenese delle sardine, Samar Zaoui, raffigurava Salvini a testa in giù e invocava un “giustiziere sociale” contro di lui? Certo: i colleghi si sono scusati, lei ha assicurato fosse ironico. Ma l’odio è odio, nonostante il pentimento. Non staremo qui a rivangare la quantità di minacce, buste coi proiettili, scritte sui muri di cui è oggetto l’ex ministro dell’Interno. Anche Giorgia Meloni è spesso vittima degli stessi insulti violenti e sessisti. I diretti interessati sapranno difendersi da soli. Ma perché le sardine non inseriscono pure tutto ciò nel loro appello?
Stanotte, per dire, a Erba nel Comasco, un’altra sede della Lega in Lombardia è stata presa di mira da chissà chi. E non è la prima volta. La serranda della sezione della Lega Darsena era stata imbrattata in passato da scritte del tipo “razzisti e assassini”, “merde” e pure “dovete morire”. Il tutto firmato con falce e martello. Populismo pure questo? No, certo. Eppure si perde il conto degli atti vandalici, incendiari o esplosivi subiti dal Carroccio. In alcune sedi sono state rotte le finestre e imbrattati i muri (“Razzisti e guardie assassini”). I cartelloni pubblicitari sporcati con democraticissime parole tipo “scemo” o “Salvini giura su sto cazzo" e ovviamente secchiate di vernice. "Ho perso il conto - dice Paolo Grimoldi, deputato e segretario della Lega in Lombardia - di quante lettere con proiettili abbiamo ricevuto nelle nostre sedi.
Ho perso il conto delle minacce di morte, vere, ricevute dal nostro segretario Matteo Salvini e da altri nostri esponenti, sia parlamentari più noti che semplici consiglieri comunali meno noti. In compenso - conclude - non ho perso il conto della solidarietà ricevuta dalla sinistra, perche' e' facile da tenere: zero assoluto!".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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