Nella Capitale arrivano i primi effetti del decreto sicurezza. Oggi nel Cara di Castelnuovo di Porto, comune alle porte della Capitale, è iniziato il trasferimento dei circa 300 migranti ospitati nel centro, che dovrà chiudere i battenti entro il 31 gennaio.
Stamattina i primi 30 rifugiati sono stati caricati su alcuni pullman e allontanati dalla struttura, la seconda più grande d’Italia dopo quella di Mineo, in Sicilia, per essere trasferiti in diverse regioni italiane. Il primo gruppo dovrebbe approdare in alcuni centri di accoglienza straordinari della Basilicata, mentre dovranno trovarsi autonomamente una sistemazione i titolari di protezione umanitaria, che non potranno essere più ospitati nei centri Sprar per effetto del “decreto Salvini”.
Le partenze sono state accompagnate dalle proteste del sindaco e di alcune associazioni locali. “In 24 ore è stato smantellato quanto di buono era stato fatto in questi anni”, ha attaccato il primo cittadino di Castelnuovo, Riccardo Travaglini, rivendicando di aver contribuito all’accoglienza di 8mila richiedenti asilo sul suo territorio. La chiusura del Cara, ha denunciato il sindaco, significa anche la perdita dei 107 posti di lavoro offerti dalla cooperativa Auxilium, che gestisce la struttura. "Fra poche ore decine di persone si troveranno a girovagare per le strade di provincia a due passi da Roma, in pieno inverno: questa non è sicurezza”, si legge in una nota diffusa dal Comune di Castelnuovo. “I bambini e gli adulti verranno confinati, senza aver consentito loro nemmeno di salutare i compagni di classe, i compagni di squadra o i nuovi amici del paese – prosegue il comunicato - alcuni sono titolari di permessi di soggiorno, altri senza carta d'identità”.
A schierarsi con i migranti è anche il parroco, padre Josè Manuel Torres, che all’agenzia Sir si è detto dispiaciuto e preoccupato. “Chiediamo che non vengano trattati come bestiame”, ha detto il sacerdote della parrocchia di Santa Lucia, da dove è partita una marcia silenziosa di giovani, sindacati e associazioni, che si concluderà proprio davanti alla sede del centro di accoglienza. "Vogliamo esprimere solidarietà a questi poveri ragazzi, non sappiamo dove andranno a finire almeno 200 persone”, ha detto padre Torres, esprimendo scetticismo rispetto al decreto sicurezza. “Ci preoccupano molto gli effetti su coloro che non hanno ottenuto lo status di rifugiati e hanno i permessi umanitari in scadenza, dove andranno?”, si chiede il religioso, mentre le proteste corrono anche sui social.
Su Twitter nel giro di poche ore ci sono state migliaia di messaggi di solidarietà nei confronti di migranti, e tra gli utenti c’è chi parla addirittura di “deportazioni”. Lo stesso termine utilizzato anche da diversi parlamentari del Pd intervenuti sulla vicenda. Sono 25 i senatori Dem che presenteranno un’interrogazione al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sulla chiusura del centro.
A far discutere sono le tempistiche dei trasferimenti che, però, secondo il prefetto di Roma, Paola Basilone, erano previsti da mesi. "Era tutto programmato, il ministero ha dato ordine di trasferire 300 migranti. Il contratto di gestione, che è già stato prorogato cinque volte, scade il 31 gennaio", ha chiarito, intervistata dall'Adnkronos. "Il piano di svuotamento del centro disposto dal ministero va nella direzione della conclusione del rapporto, prorogato ad aprile scorso, con la cooperativa Auxilium", ha sottolineato il prefetto, precisando come non fossero possibili "ulteriori proroghe".
In serata è stato il capo del Viminale ad assicurare che tutti gli ospiti che ne hanno diritto saranno "trasferiti in altre strutture", difendendo la scelta di chiudere il centro.
"Chiudiamo una struttura ormai sovradimensionata, risparmiamo il milione di euro del contratto di affitto e i cinque milioni della gestione annua", ha spiegato il ministro dell'Interno durante un video in diretta pubblicato sulla sua pagina Facebook.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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