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Calhanoglu-Gundogan. I due turchi diversi re della terra di mezzo

Centrocampisti di qualità e nati in Germania: l'interista ha scelto la Turchia, l'altro i panzer

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Così simili ma allo stesso tempo così diversi: nella finale di Champions ci sarà anche il duello tra Ilkay Gündogan e Hakan Calhanoglu, che rappresenta la classica sfida nella sfida tra due giocatori fondamentali per le rispettive squadre.

Due profili che sulla carta si assomigliano molto: entrambi centrocampisti di qualità, nati in Germania e con origini turche. Solo uno dei due, però, si sentirà veramente a casa sabato sera: al contrario di Gündogan, Calhanoglu non ha scelto la Mannschaft bensì i Sultani, di cui da oltre un anno è capitano.

Dunque in Turchia Hakan è considerato un eroe, non solo perché ha deciso di rappresentare la nazionale sebbene sia nato e cresciuto a Mannheim, città del sud della Germania, ma anche perché non ha mai rinnegato il suo amore per la terra d'origine, a tal punto da non farsi scrupoli a schierarsi pubblicamente in favore di Erdogan. Fece scalpore, per esempio, il saluto militare che fece dopo un gol alla Francia durante le qualificazioni a Euro2020.

Inevitabile quindi che il centrocampista dell'Inter sia così amato in patria e non è difficile ipotizzare che il pubblico locale - e di conseguenza neutro - possa alla fine simpatizzare per i nerazzurri proprio grazie ad Hakan.

Il sangue turco, però, scorre pure nelle vene di Gündogan, cresciuto a Gelsenkirchen in una famiglia legatissima alla terra natia. «Ogni volta che una squadra turca giocava in Europa, tutti noi ci fermavamo - ha spiegato - Non immaginate quando il Galatasaray vinse la Coppa UEFA nel 2000».

Addirittura il suo cognome, chiaramente non tedesco, portò a dei casi di discriminazione, come quando a Dortmund degli agenti immobiliari furono dubbiosi sul fatto se potesse o meno permettersi un appartamento. Oggi non solo potrebbe acquistare quell'appartamento, ma tutto il palazzo e addirittura il quartiere.

Perché quando parliamo di Gündogan parliamo di un giocatore fantastico, di quelli che conciliano con questo sport e non a caso Guardiola l'ha scelto come capitano e cervello della sua fenomenale squadra.

«Sono molto legato all'Italia e a Milano, il medico di mio figlio è italiano e tifa Inter, ci ho già parlato - ha raccontato ieri - Mio figlio è nato lì, mia moglie ci ha vissuto per qualche anno (è un'ex professoressa de L'Eredità ndr). Mi piace andarci anche in vacanza, anche se quest'anno dipenderà da come va la finale. Abbiamo fiducia, ma sappiamo che battere l'Inter sarà molto difficile».

E lo sarà perché dovrà affrontare un Calhanoglu agguerrito e spinto dal proprio pubblico: quest'anno Hakan ha alzato l'asticella e ha dimostrato di saper interpretare alla grande tanti ruoli, senza far rimpiangere Brozovic e, anzi, offrendo a Inzaghi nuove soluzioni di gioco. Dopotutto lui all'Inter si trova bene e ieri ha confermato il rinnovo: «Sono felice qui, non voglio andarmene».

E il regalo più bello se lo potrebbe fare proprio a casa sua sabato sera, contro un fratello, così simile ma allo stesso tempo così diverso.

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