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Il giorno in cui Simone Inzaghi è entrato nella storia: cosa ha fatto

Il 14 marzo del 2000 Simone Inzaghi entrava nella storia segnando 4 gol in una partita di Champions: fu il primo italiano a riuscirci

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Ci sono notti che fanno una vita. La sera del 14 marzo 2000, allo stadio Olimpico di Roma, resta una di quelle incrinature spazio temporali irrisolte. Come ha fatto quel ragazzino lì, arrivato dal Piacenza l’estate scorsa, a infilare quattro centri in una partita di Champions? Nessun giocatore italiano c’era riuscito prima. Lui però, di gol, ha rischiato addirittura di farne cinque, non fosse che un penalty è andato infranto. Quell’attaccante filiforme che fluttua dispensando rovina nella retroguardia marsigliese di nome fa Simone, di cognome Inzaghi.

Essendo il fratello minore del più noto Pippo, qualcuno l’ha già ribattezzato “Inzaghino”. Solo che di ridotto, stasera, non c’è proprio nulla.

L’antefatto è succoso. La Lazio ancora non lo sa, ma sta per smantellare un’attesa sfinente: è l’anno del secondo scudetto, anche se la piazza non sembra tanto convinta. Al punto che il tecnico, Sven - Göran Eriksonn, bascula improvvidamente sulla graticola. Le voci di corridoio si fanno insolenti. Cragnotti, che si è svenato per costruire una rosa prodigiosa, avrebbe già fatto trillare il telefono di Arrigo Sacchi. Fesserie. Sven - probabilmente concedendosi una manciata di gesti apotropaici - sfaterà l’avvilente credenza che lo francobolla come “un perdente di successo”.

Intanto si gioca. La maglia è quella disegnata per la coppa, con le strisce biancocelesti che rammentano l’Argentina. La Lazio si è infilata dentro il secondo girone di Champions, ma adesso arranca penosamente, al punto che in molti la danno già per estromessa. Il match contro il Marsiglia è già un dentro o fuori che non ammette recriminazioni di sorta. Urge rimpinguare la classifica. Chelsea e Feyenoord guidano con 7 punti, quindi i capitolini a 5, dunque i transalpini con 3.

I ragazzi di Bernard Casoni vengono da un periodo malandato: al Velodrome soffiano spifferi tetri, dal momento che la zona retrocessione è ad un’incollatura. La partecipazione alla coppa dalle grandi orecchie è diventata un suppellettile insidioso. Prima tocca trarre in salvo la pelle. Fuori quattro titolarissimi, quindi. Il trailer però non toglie nulla all’impresa dell’attuale mister dell’Inter. Perché per fare quel che sta per fare lui servono stille di tecnica, spanne di coraggio e una spolverata di fatidica buona sorte.

Inzaghino sventola la maglia numero 21 grazie al forfait di Salas. Sven lo affianca a quel cyborg di Alen Boksic, preferendolo ai ricami di Mancini e alle sortite di “Penna bianca” Ravanelli. Sulle fasce di quel granitico 4-4-2 spingono Pavel Nedved e Sergio Conceição. In mezzo la coppia semi-inedita composta da Simeone e Stankovic. Dietro, davanti a Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic e Pancaro.

Basta poco per comprendere la consistenza burrosa degli ospiti. Simone, arrivato per 30 miliardi dopo le 15 reti messe via con la casacca piacentina, concluderà la stagione da capocannoniere, con 27 centri. Stasera si porta avanti di un bel pezzo. Diciassettesimo. Orpello di Nedved che lo mette davanti alla porta e destro vincente da interno area. Minuto trentotto: stavolta è Conceição che lo indovina in area per la deviazione giusta. Sfilano via pochi istanti e già sono tre. Boksic, a botta sicura, respinta non trattenuta, tap-in per spingerla dentro.

Il Marsiglia è brutalizzato e la contesa pare già giunta ad un epilogo. I colpi inferti tuttavia non sono ancora letali. Leroy alimenta speranze che sembravano dissipate con un colpo di testa su assist dell’ex De la Peña. Gli ospiti si galvanizzano. Urge la spallata fatale. Inzaghino sospira, assestando la scriminatura dei capelli con fare pensoso, proprio come il fratello maggiore. Rimugina sul fatto che non è ancora sazio. L’aria si irrora di sventura per la difesa marsigliese. Abardonado inciampa in un fallo impudente proprio su Simone. Penalty, il nostro non incrocia e Porato respinge. Il quarto sigillo però è solo rimandato: al 71’ Conceição calcia, la conclusione è smorzata e Inzaghi si avventa famelico sul pallone vagante. Marsiglia crivellato. Quattro reti in Champions: nessun italiano c’era mai riuscito. Nel finale Boksic arrotonda fissando sul 5-1.

Il poker dentro questa coppa, su scala internazionale, lo aveva brevettato il cigno di Utrecht. Uscendo Inzaghino dirama il suo manifesto programmatico: "Una bella sensazione. Provo molta gioia e un pizzico di dispiacere perché potevo fare cinque gol. Ma ho sbagliato il rigore e poi nel finale una occasione molto facile.

Però ero stanco e non avevo più la giusta lucidità, peccato non aver potuto migliorare Van Basten”. Perfezionista, fino al midollo. Ambizioso, anche, al limite della sana tracotanza. Certe notti, del resto, non si fanno da sole.

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