Giù la maschera

Uno, nessuno e quarantuno

Oh, ecco una bella storia di integrazione. Finalmente

Uno, nessuno e quarantuno

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Oh, ecco una bella storia di integrazione. Finalmente. A riprova che di fronte al delicato tema dell'immigrazione esistono anche casi in cui, rendendo uno straniero partecipe della nostra cultura, in cambio si può ottenere molto. E la storia arriva da Milan col coeur in man, città che non lascia indietro nessuno, in particolare sul fronte del caro affitti e del carovita.

Comunque. È qui che un cittadino algerino, immigrato irregolare, Nadir Athmane Iftene (nome in realtà da confermare), per anni si è perfettamente integrato con il tessuto sociale di accoglienza. E come? Mettendo a punto un sistema infallibile per non essere espulso da quel Paese, l'Italia - terra del Diritto romano e del Diritto d'infischiarsene - che così tanto ama. Dopo essere stato fermato per un reato, è successo 41 volte, al momento di essere identificato e rimpatriato, forniva un nome sempre diverso, rendendo impossibile la sua identificazione. Cosa che alla fine ha convinto i giudici della Corte di Cassazione a liberarlo. Motivo? È impossibile accertarne la nazionalità. Una creatività che dimostra come noi italiani abbiamo davvero molto da imparare dagli immigrati. Quando il multiculturalismo è un arricchimento.

Insomma. Tutto bene quello che finisce bene. Nadir è ancora fra noi, la Giustizia funziona e Milano ha una risorsa in più.

Ha ragione la sinistra del Capalbio Film Fest. «La questione migranti non si risolve con l'odio. Serve rispetto per la diversità».

Soprattutto per i nomi, diversi.

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