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"Tin bota", uno slogan già universale

"Tin bota", uno slogan già universale

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"Tin bota", uno slogan già universale

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Parola d'ordine: tin bota. In breve, non mollare, siamo nella terra degli Amarcord felliniani e di Tonino Guerra che ricordava «l'ottimismo è il profumo della vita», c'è tutta la storia della Romagna nella gente che reagisce, non piange lacrime da esibizione miserabile, raccoglie gli stracci e lavora con dignità alta, tiene botta, mola mia dicevano i bergamaschi durante il Covid, boia chi molla urlava Ciccio Franco nei tempi caldi di Reggio Calabria capoluogo e qui si prevede il pilota automatico della sinistra su quello slogan di destra, dimenticandone o ignorandone la storia e l'origine antica, nella Napoli dell'Ottocento in guerra fu Eleonora de Fonseca Pimental, patriota e giornalista di quella repubblica travolta e stravolta, a lanciare quell'invito alla gente napoletana, finendo la sua esistenza decapitata sulla forca. Ma al di là degli accenni storici e della solita propaganda di un regime che non accetta le sconfitte elettorali, c'è una realtà evidente che non abbisogna di interpretazioni, letture, distinguo. C'è chi se la svigna con deboli argomentazioni deontologiche, dunque non tiene affatto botta, con il finto orgoglio ideologico e il gonfio portafoglio carrieristico, c'è chi china la testa non per sottomissione ma per accentuare l'impegno e non distrarsi oltre. C'è anche un Team Bota, nato per l'appunto a Rimini, durante la pandemia, volontari pronti ad aiutare, a intervenire, dunque a fare, non imbrattando o esponendo bandiere e striscioni, però soccorrendo, supportando, salvando esistenze in pericolo. Anche frau Ursula, la signora von der Leyen, si è appropriata di quel motto, come mille tedeschi (lei è nativa belga) conosce la riviera ma stavolta non si tratta di piade e di cassoni, qui c'è il fango da spalare, qui c'è una vita da riprendere e l'Europa deve presentarsi su quelle coste, come sa fare, da sempre, nelle calde estati italiane. Tin Bota diventa un simbolo della rinascita, Romagna Mia è la canzone del popolo, Bella Ciao è la bandiera puntuale, opportunista più che opportuna, dei soliti noti che pure nell'alluvione trovano lo spazio per aggiungere la propria melma. Tin bota è la chiave per aprire tutte le porte del coraggio, cambia l'accento, cambi appena una vocale, da Lugo a Faenza, da Cesena a Rimini, tien, te ma la bota resta quella a cui resistere, tracimano i fiumi ma la vita non molla, così il dialetto resiste alle contaminazioni della lingua italiana, il tweet popolare serve più di un qualunque testo istituzionale, due parole per fare intendere di che pasta siamo fatti, è il nostro reddito di italianità. I lettini azzurri, disposti sulla sabbia dello stabilimento 121 di Rimini, sotto i quali è stato disegnato un enorme cuore di stesso colore, sono la bandiera della resistenza, visibile da droni, elicotteri, aerei e dal resto del mondo.

Tin Bota, l'Italia non molla.

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