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"Misura politica". Dopo 60 giorni di stop, la Ong torna in mare e sfida il governo

Sea Eye ha esaurito il fermo amministrativo di 60 giorni ed è tornata in mare con il solito proclama della Ong contro il decreto Piantedosi

"Misura politica". Dopo lo stop di 60 giorni, la Ong torna in mare e sfida il governo

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A differenza di quanto accaduto con altre navi Ong, alla Sea Eye non è stata concessa la sospensione del fermo amministrativo in porto per 60 giorni. L'imbarcazione tedesca dell'omonima Ong è stata la prima a subire l'aggravamento della pena per comportamento recidivo, effettuando lo step successivo rispetto al fermo standard di 20 giorni previsto dal decreto Piantedosi. Alla prossima infrazione, la nave rischia la confisca. Anche in questo caso è stato avanzato un ricorso, con la speranza che qualche giudice trovasse il modo di accorciare la permanenza in porto della nave, ma Sea Eye non ha trovato la sponda in nessun giudice e così ha dovuto affrontare, a sue spese, il fermo in porto per due mesi.

Nelle ultime ore, scaduto il termine del fermo, la nave è tornata in mare non senza le solite polemiche, che ormai da anni caratterizzano le Ong, in lotta perenne con il governo italiano, reo di chiedere il rispetto delle leggi. "Dopo una prima udienza, le accuse secondo cui l'equipaggio della Sea-Eye 4 non avrebbe seguito le istruzioni della cosiddetta Guardia costiera libica sono state ritenute non provate dal giudice. La decisione finale è ancora in sospeso", ha dichiarato Gorden Isler. Organizzazioni con fermi più brevi rispetto a Sea Eye sono riuscite a ottenere la sospensione prima che finissero i 20 giorni ma la polemica contro il governo italiano è ormai una costante. Secondo Isler, il fatto che il giudice non abbia trovato le prove dimostra che "si tratta di una misura motivata politicamente, senza base giuridica".

La nave è già tornata in mare rivendicando il finanziamento che ottiene sia dai privati che dalle istituzioni perché, è bene dirlo, Sea Eye è una delle Ong che riceve i finanziamenti del governo tedesco e dei Comuni. "La mia spinta e la mia motivazione rimangono quindi invariate: opporsi a questa politica vergognosa e oltraggiosa", dice Isler, che sfida ancora una volta il governo italiano, le istituzioni e le leggi del nostro Paese. E continua la sua battaglia contro il decreto Piantedosi, provvedimento che è riuscito, almeno in parte, a contenere il fenomeno.

Il presidente della Ong sostiene che "rende notevolmente più difficile il lavoro dei soccorritori civili in mare" ma, come i suoi colleghi, non prende in considerazione l'idea di sbarcare i migranti in altri Paesi, dove sicuramente non esiste il decreto Piantedosi.

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