Cronaca giudiziaria

Benusiglio, caso chiuso. "La stilista si suicidò"

A otto anni di distanza la Cassazione mette la parola fine. Assolto Marco Venturi, trascorse con lei l'ultima serata

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Si chiude definitivamente la vicenda giudiziaria iniziata con la morte di Carlotta Benusiglio, la stilista trovata impiccata a un albero di piazza Napoli, sulla circonvallazione di Milano, ormai otto anni fa. Ieri la Cassazione ha confermato l'assoluzione di Marco Venturi, l'uomo con cui la vittima aveva un legame molto tormentato. La decisione della Suprema corte è arrivata alla fine di una serie di sentenze a carico del 47enne contrastanti tra loro.

La 37enne venne ritrovata impiccata con una sciarpa a un albero all'alba del 31 maggio 2016. Aveva trascorso l'ultima serata proprio con Venturi, che però aveva sempre dichiarato di averla lasciata viva dopo l'ennesima discussione. La Cassazione ha respinto il ricorso della Procura generale di Milano, che chiedeva di annullare la sentenza di secondo grado, dell'11 ottobre scorso, appunto di assoluzione «perché il fatto non sussiste». La Corte d'assise d'appello aveva a propria volta cancellato la condanna di primo grado in abbreviato a sei anni di carcere inflitta a Venturi per morte come conseguenza di altro reato, lo stalking. Anche se davanti al gup la Procura aveva chiesto una condanna a 30 anni per omicidio volontario.

Ieri lo stesso pg della Cassazione ha chiesto di rigettare, perché «inammissibile e infondato», il ricorso della Procura generale milanese che riproponeva l'ipotesi della morte come conseguenza di atti persecutori durati anni (e non quella di omicidio) per Venturi, difeso fin dalle prime battute del procedimento dall'avvocato Andrea Belotti. Ieri in aula ha parlato anche l'avvocato Niccolò Vecchioni, di recente nominato legale della madre e della sorella della stilista, che erano parte civile nel processo.

Per la sentenza di assoluzione della Corte d'assise d'appello, Carlotta Benusiglio si uccise dopo l'ennesimo litigio con il fidanzato e lo stalking a lui contestato, che per il gup avrebbe indotto il suicidio della donna, fu invece «inesistente». I giudici aggiungevano che su questo caso non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di un processo, ma bastavano gli esiti «dell'incidente probatorio», ossia della prima perizia medico legale che stabilì che si era trattato appunto di un gesto volontario. Per anni la famiglia della 37enne ha dato battaglia, per dimostrare che era stato Venturi a ucciderla, inscenando poi il suicidio. Sostenendo inoltre che l'uomo picchiava e maltrattava la fidanzata (nel procedimento erano incluse anche imputazioni per lesioni, che nel frattempo si sono prescritte).

Nonostante l'«amarezza» e il «dispiacere» per «una persona additata per otto anni come un mostro assassino», dichiara l'avvocato Belotti, «è bene che, con giudizio chiaro e definitivo, sia stato accertato, senza che alcun dubbio permanga, che Marco Venturi non ha commesso alcun reato. Questo è oggi un punto fermo non solo processuale, ma storico fattuale a cui nessuno potrà sottrarsi. Sarebbe bastato leggere le carte per evitare giudizi così sommari e devastanti. Spero che l'esito definitivo odierno sia un nuovo inizio per tutti». Venturi è passato da semplice testimone, a indagato per istigazione al suicidio e in via di archiviazione, fino ad accusato di omicidio volontario e poi condannato per morte come conseguenza di altro reato.

Infine assolto in via definitiva.

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